Il primo
“Policlinico dei beni culturali” potrebbe nascere in Sicilia. E precisamente nel
polo Catania-Siracusa e ad Agrigento. Per una volta, infatti, l’Isola diventa
modello di gestione del patrimonio secondo le nuove direttive dettate dallo
Stato. A suggerirlo è il ministero di Franceschini attraverso il Consiglio superiore
per i Beni culturali e paesaggistici.
«L’idea è semplice e concreta – dice il presidente
Giuliano Volpe – ed è quella di istituire strutture miste che vedano insieme
Atenei, Soprintendenze e Cnr insieme con l’apporto delle associazioni professionali,
in cui docenti, ricercatori, tecnici, funzionari lavorerebbero insieme mettendo
in comune strutture, laboratori, biblioteche e soprattutto competenze, conoscenze,
sensibilità diverse, con evidenti vantaggi in termini di miglioramento della
qualità tanto nella tutela e valorizzazione quanto nella formazione e nella
ricerca».
“Policlinici dei beni culturali” che colmerebbero le
lacune di questi ultimi anni e che, in Sicilia, avrebbero terreno fertile. «L’Isola
ha un regime diverso, autonomo
– dice il professore Volpe – e questa sua peculiarità
politica, e dunque gestionale, ha vantaggi importanti rispetto a certi lati
negativi gestionali dovuti all’eccessiva frammentazione provinciale.
La Sicilia ha in sé un’idea di fondo che è positiva e
che io difendo: quella dell’accentramento della gestione. Io sono favorevole, infatti,
al modello siciliano che prevede un soggetto unico capace dunque di collaborare
con Università e Cnr. L’esempio concreto è quello di Agrigento: la città dei
Templi vanta un’ottima soprintendenza, competente e da sempre aperta a
collaborazioni; ha anche un Parco archeologico autonomo e l’Università di
Palermo con la sua facoltà umanistica. Ecco, mettiamo insieme questi organismi e
istituiamo lì il primo Policlinico dei beni culturali».
Un esperimento, dunque. «Lo stesso che si potrebbe
dovrebbe fare anche nel territorio di Catania-Siracusa – prosegue il presidente
del Consiglio regionale dei Beni culturali – dove ha sede anche l’Istituto per
i beni archeologici del Cnr, la scuola di specializzazione in Archeologia e
l’Università. Tra l’altro, l’Ibam già lavora in questo senso e proprio da
questa sinergia io partirei. La Sicilia potrebbe dimostrare una capacità di
proposte che ha perso in questi anni; potrebbe divenire pioniera di idee
innovative nel campo dei beni culturali. Potrebbe dunque candidarsi a modello
anche per le altre regioni dimostrando così, con i fatti, come l’autonomia –
contestata da qualcuno – possa essere un’occasione di rilancio. La Sicilia
potrebbe rilanciare con il suo modello di tutela unica di patrimonio culturale,
che trovo quello più corretto in Italia, e potrebbe fare un ulteriore passo in avanti
superando le barriere tra università, enti di ricerca e istituzioni».
L’idea è, dunque, quella di un coordinamento di
sistema pubblico che abbia maggiore efficacia rispetto a quello degli ultimi
decenni. E tutto ciò con conseguenze anche in termini occupazioni. «La proposta
– dice Volpe – avrebbe incidenza fortissima nel campo della formazione universitaria
anche alla luce della crisi del settore dei beni culturali da punto di vista
lavorativo e della diminuzione delle iscrizioni. La formazione non è adatta
alle esigenze di oggi e in tal senso occorre anche un ripensamento delle Scuole
di specializzazione. L’Isola, invece di restare spettatrice davanti a una
situazione di stallo, potrebbe divenire protagonista di un cambiamento serio».
Il Consiglio superiore dei Beni culturali annuncia la
disponibilità a discutere del progetto con il governo regionale. «Sono
disponibile a sostenere l’idea e seguirla in termini pratici – dice Volpe –, in
tutte le sue fasi. In questo momento, la Sicilia ha in atto un accordo
sottoscritto tra i ministeri ai Beni culturali e quello dell’Università lo
scorso 19 marzo, ed è partendo da questo accordo che certo riguarda lo Stato ma
può essere esteso alla Regione siciliana che occorre lavorare. Il
sottosegretario Faraone, siciliano, potrebbe guardare con interesse a questa prospettiva
e certamente anche il direttore del Cnr, Nicolais, ne sarebbe molto interessato
così come il presidente dell’Ibam di Catania, Malfitana. Ci sono tutte le
condizioni per avviare la rivoluzione: serve adesso che la Regione assuma il suo
ruolo e sono pronto a discuterne con il presidente Crocetta e l'assessore ai Beni culturali
ben consapevole che questa opportunità sarà per entrambi di grande interesse».
(articolo di Isabella Di Bartolo, riproduzione riservata)
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