lunedì 26 giugno 2017

A Catania, tra terme romane e tombe di cavalieri templari

Tra terme romane e tombe di cavalieri templari:
Il Complesso Monumentale della Rotonda

Impianto termale romano, chiesa bizantina, necropoli medievale e tanto altro ancora: è incredibile ciò che è stato e ciò che è ancora oggi il sito della Rotonda, una sorta di libro di storia della città di Catania, un monumento da leggere in maniera diacronica per apprezzarne a pieno tutto il suo valore.
L’edificio in questione è certamente uno dei più rappresentativi dell’identità del capoluogo etneo, forse persino il più importante da questo punto di vista, come dimostra l’enfasi con la quale è raffigurato nella cartografia storica cittadina, ingigantito ed in posizione gerarchica o centrale rispetto alle altre strutture, tanto che secondo alcune ricostruzioni può essere addirittura considerato come la prima cattedrale della città.
Ben presente nella tradizione locale, il complesso della Rotonda era difatti ritenuto il più antico tempio di culto etneo, nonché Pantheon pagano convertito in chiesa cristiana, consacrata da Pietro alla Vergine Maria nel 44 d.C.
Tale versione “tradizionale” è attestata anche nei primi studi moderni su Catania, sin dal Fazello, storico del XVI secolo e autore del “De Rebus Siculis Decades Duae”, mirabile esempio di topografia storica e archeologica.
Il primo a confutare questa tradizione fu il Principe di Biscari che, nel XVIII secolo, riuscì ad identificare nel sito un complesso termale di epoca romana e seppur non supportata da scavi tale intuizione si rivelò, almeno in parte, vera.
Egli, avendo osservato le vestigia di alcune terme romane rinvenute in aree limitrofe, ipotizzò l’esistenza di un grande complesso termale cittadino, che comprendesse anche la zona della Rotonda.
In realtà terme pubbliche tanto imponenti sarebbero state possibili solo per Roma e pochissime altre città dell’Impero, la Catania di allora ,però, era comunque una città opulenta nella quale fiorivano, spesso a breve distanza tra loro, diverse strutture termali, talune pubbliche e talaltre private.
La tesi del Principe di Biscari fu poi confermata dagli scavi condotti nel dopoguerra dall’archeologo Guido Libertini, che hanno portato alla luce il complesso termale romano.
La struttura circolare della Rotonda sarebbe riconducibile ad un calidarium o ad un ninfeo della prima età imperiale, poi riutilizzata come chiesa sotto il titolo di Santa Maria della Rotonda.
La grande aula ha un impianto quadrato che attraverso un articolato sistema di arcate ed esedre determina al centro un grande spazio circolare, il quale è coperto da un’imponente cupola a tutto sesto; proprio questo è il motivo del singolare nome dato all’edificio.
A sud e ad est di questa struttura conosciamo altri nove ambienti facenti parte del complesso termale.
Edificata su un pendio a nord della Rotonda, una grande cisterna (castellum aquae) era collegata ad un ramo dell’antico acquedotto che serviva a rifornire le terme, ma non solo, difatti il complesso monumentale doveva far parte di un grande sistema di adduzione delle acque che approvvigionava l’intera città.
A partire dal VI secolo, quando l’impianto termale venne dismesso e la Rotonda fu trasformata
in una chiesa, questa cisterna fu divisa in due ed entrambi i vani che se ne ricavarono furono
messi al servizio di essa.
All’esterno della struttura e negli ambienti dell’ex sacrestia è stata messa in luce una vasta
area cimiteriale risalente al IX secolo ma utilizzata almeno fino al tardo rinascimento.
Nella fattispecie sono state rinvenute numerose sepolture singole a fossa, nelle quali il corpo
del defunto era stato adagiato sulla nuda terra e poi ricoperto con blocchi di pietra lavica, un
tipo di sepoltura molto comune in epoca medievale.
Vi era addirittura un settore riservato all’inumazione dei bambini, mentre un fatto davvero
peculiare è che probabilmente ci fosse anche una tomba musulmana (almeno ciò ci
suggerisce la posizione in cui il corpo è stato deposto nella fossa).
In qualche caso, rimuovendo le pietre di copertura delle sepolture, sono stati rinvenuti scheletri
ottimamente conservati di uomini alti fra i 170 e 175 cm, una statura che in Sicilia era di gran
lunga superiore alla media dell’epoca (XII / XIII sec).
A chi potevano appartenere questi corpi?
Un enigma coinvolgente al quale non si è ancora in grado di dare una risposta certa, si
possono però formulare delle congetture tanto affascinanti quanto appropriate.
Nulla, infatti, ne ha permesso un’esatta identificazione, però gli archeologi hanno potuto datare
lo strato pertinente grazie al rinvenimento di una gran quantità di ceramiche del XII e XIII
secolo.
L’ ipotesi espressa dalla dottoressa Maria Grazia Branciforti, che effettuò gli scavi dal 2004 al
2008, è estremamente suggestiva, in quanto suggerisce che si possa trattare delle sepolture di
Cavalieri Templari.
Questo confermerebbe una controversa tesi secondo cui Federico II avrebbe concesso la
chiesa della Rotonda come luogo di culto proprio ai Templari.
Una tesi che rende questo luogo, che già trasuda storia da ogni sua pietra, ancora più
affascinante ed ammantato di mistero.

Alessio La Vina 

domenica 25 giugno 2017

Ad Avola una piccola "Stonehenge" siciliana



Chi ha costruito i dolmen a Cava dei Servi, Cava Lazzaro, Avola? Lo studio di due archeologi siracusani getta un fascio di luce su un argomento affascinante e poco conosciuto. Nell'antica età del bronzo, circa 4.200 anni fa, si diffusero in Europa grandi costruzioni ad uso funerario che in Sicilia si ritrovano in forma più ridotta. Dei loro costruttori si conosce poco, ma lo studio di due archeologi preistorici, Salvo Piccolo e Alessandro Bonfanti, è rivolto a dissolvere la nebbia che aleggia sul popolo che li ha realizzati nella nostra isola. I due studiosi indagano da anni il contesto antropologico che gravita intorno alle strutture siciliane, giungendo a evidenti risultati.

Dolmen, menhir e cromlech – dice lo studioso, saggista e cultore di documentato di archeologia Salvo Piccolo – sono monumenti preistorici in pietra diffusi un po' ovunque. I primi, costituiti da due pilastri e un lastrone orizzontale sovrapposto, contenevano  defunti; i secondi erano segnacoli funerari, allineati e infissi verticalmente nel terreno a indicare, probabilmente, la via astrale per l'aldilà (ad esempio i menhir di Carnac, in Francia). I cromlech, invece, erano costruzioni di forma circolare, all'interno dei quali si ingenerava un circuito cultuale sollecitato dalle osservazioni astrali. Com'è facile intuire, si trattava di architetture elaborate, testimoni di conoscenze astronomiche sorprendenti che ben si prestavano agli esoterismi religiosi”.
Ma chi erano i costruttori di queste meravigliose strutture e, soprattutto, com'erano? “Il megalitismo europeo – risponde Alessandro Bonfanti, esperto di culture nordiche e autore di una prossima e documentata pubblicazione sull’argomento  – ha un'origine remota che accomunava gli Indoeuropei sparsi per il continente. A partire dal Mesolitico (8000 a.C.), nel sud della Scandinavia, in Danimarca, nel Nord della Germania e nella Pomerania polacca si svilupparono diverse culture che, nel III millennio a.C., originarono l’enigmatico “bicchiere campaniforme”, (vedi foto) giunto in Sicilia assieme ai più noti dolmen, costruzioni funerarie consone a una società patriarcale e guerriera volta ai culti celesti e solari, com’era nella tradizione dei popoli nordici indoeuropei”.
“Queste architetture – continua Piccolo – scartata una matrice ideologica e spirituale mediterranea, legata più alla terra, si rivolgono al Sole, punto di riferimento vitale dell’Europa preistorica del nord avvolta nel gelo. Gli allineamenti dei megaliti non sono casuali, ma determinati attraverso osservazioni astrali: dal modo in cui venivano disposti era possibile ricavare il punto esatto dell'astro solare al suo sorgere, le precise cadenze stagionali, il divario temporale tra anno lunare e quello solare”.
Un gruppo indoeuropeo costruttore di megaliti – prosegue lo studioso e documentato Bonfanti –  intorno alla seconda metà del VI millennio a.C. si spinse verso sudest, stabilendosi con i suoi modelli culturali e religiosi lungo il medio corso del Danubio. Questa zona diventò centro nevralgico dei commerci dei popoli nordici (Germania settentrionale, Danimarca) e consentì a gruppi di essi di allargarsi verso le coste dell'Atlantico e le isole britanniche per impiantarvi nuovi traffici. Due millenni più tardi un’ondata migratoria di quello stesso ceppo scese verso sud (Baleari, Sardegna e Sicilia) e incrociò, intorno al 2.600 a.C., la cultura del “bicchiere campaniforme” proveniente dalle lande nordiche del lato opposto, che si impose come nuova cultura proto-celtica. Il corredo funerario di questo periodo, dalla Germania settentrionale a scendere, da una parte, le isole britanniche, la penisola iberica e la Sicilia dall'altra, è molto simile (dal “brassard”, un bracciale da polso per arcieri, ai vasi campaniformi e altro). Inaspettatamente simili sono pure le inumazioni in “ciste litiche”, nonché la costituzione ossea e la forma cranica degli inumati: ossa appartenenti a persone alte e robuste, con cranio dolicomorfo (allungato) e area sopra-mastoidea molto accentuata (caratteristiche rinvenibili nella facies sicana di Castelluccio). Crani di questo tipo si ritrovano in parecchi  depositi di musei siciliani”. “Era questo – conclude Salvo Piccolo – il popolo dei dolmen: individui molto alti, di corporatura nordica, dolicomorfi. In altre parole, Indoeuropei”.