domenica 25 giugno 2017

Ad Avola una piccola "Stonehenge" siciliana



Chi ha costruito i dolmen a Cava dei Servi, Cava Lazzaro, Avola? Lo studio di due archeologi siracusani getta un fascio di luce su un argomento affascinante e poco conosciuto. Nell'antica età del bronzo, circa 4.200 anni fa, si diffusero in Europa grandi costruzioni ad uso funerario che in Sicilia si ritrovano in forma più ridotta. Dei loro costruttori si conosce poco, ma lo studio di due archeologi preistorici, Salvo Piccolo e Alessandro Bonfanti, è rivolto a dissolvere la nebbia che aleggia sul popolo che li ha realizzati nella nostra isola. I due studiosi indagano da anni il contesto antropologico che gravita intorno alle strutture siciliane, giungendo a evidenti risultati.

Dolmen, menhir e cromlech – dice lo studioso, saggista e cultore di documentato di archeologia Salvo Piccolo – sono monumenti preistorici in pietra diffusi un po' ovunque. I primi, costituiti da due pilastri e un lastrone orizzontale sovrapposto, contenevano  defunti; i secondi erano segnacoli funerari, allineati e infissi verticalmente nel terreno a indicare, probabilmente, la via astrale per l'aldilà (ad esempio i menhir di Carnac, in Francia). I cromlech, invece, erano costruzioni di forma circolare, all'interno dei quali si ingenerava un circuito cultuale sollecitato dalle osservazioni astrali. Com'è facile intuire, si trattava di architetture elaborate, testimoni di conoscenze astronomiche sorprendenti che ben si prestavano agli esoterismi religiosi”.
Ma chi erano i costruttori di queste meravigliose strutture e, soprattutto, com'erano? “Il megalitismo europeo – risponde Alessandro Bonfanti, esperto di culture nordiche e autore di una prossima e documentata pubblicazione sull’argomento  – ha un'origine remota che accomunava gli Indoeuropei sparsi per il continente. A partire dal Mesolitico (8000 a.C.), nel sud della Scandinavia, in Danimarca, nel Nord della Germania e nella Pomerania polacca si svilupparono diverse culture che, nel III millennio a.C., originarono l’enigmatico “bicchiere campaniforme”, (vedi foto) giunto in Sicilia assieme ai più noti dolmen, costruzioni funerarie consone a una società patriarcale e guerriera volta ai culti celesti e solari, com’era nella tradizione dei popoli nordici indoeuropei”.
“Queste architetture – continua Piccolo – scartata una matrice ideologica e spirituale mediterranea, legata più alla terra, si rivolgono al Sole, punto di riferimento vitale dell’Europa preistorica del nord avvolta nel gelo. Gli allineamenti dei megaliti non sono casuali, ma determinati attraverso osservazioni astrali: dal modo in cui venivano disposti era possibile ricavare il punto esatto dell'astro solare al suo sorgere, le precise cadenze stagionali, il divario temporale tra anno lunare e quello solare”.
Un gruppo indoeuropeo costruttore di megaliti – prosegue lo studioso e documentato Bonfanti –  intorno alla seconda metà del VI millennio a.C. si spinse verso sudest, stabilendosi con i suoi modelli culturali e religiosi lungo il medio corso del Danubio. Questa zona diventò centro nevralgico dei commerci dei popoli nordici (Germania settentrionale, Danimarca) e consentì a gruppi di essi di allargarsi verso le coste dell'Atlantico e le isole britanniche per impiantarvi nuovi traffici. Due millenni più tardi un’ondata migratoria di quello stesso ceppo scese verso sud (Baleari, Sardegna e Sicilia) e incrociò, intorno al 2.600 a.C., la cultura del “bicchiere campaniforme” proveniente dalle lande nordiche del lato opposto, che si impose come nuova cultura proto-celtica. Il corredo funerario di questo periodo, dalla Germania settentrionale a scendere, da una parte, le isole britanniche, la penisola iberica e la Sicilia dall'altra, è molto simile (dal “brassard”, un bracciale da polso per arcieri, ai vasi campaniformi e altro). Inaspettatamente simili sono pure le inumazioni in “ciste litiche”, nonché la costituzione ossea e la forma cranica degli inumati: ossa appartenenti a persone alte e robuste, con cranio dolicomorfo (allungato) e area sopra-mastoidea molto accentuata (caratteristiche rinvenibili nella facies sicana di Castelluccio). Crani di questo tipo si ritrovano in parecchi  depositi di musei siciliani”. “Era questo – conclude Salvo Piccolo – il popolo dei dolmen: individui molto alti, di corporatura nordica, dolicomorfi. In altre parole, Indoeuropei”. 

Nessun commento:

Posta un commento