martedì 29 novembre 2016

Da Siracusa a Selinunte, ecco l'autostrada dell'antichità



Sulle orme di Paolo Orsi, nuove indagini testimoniano l’esistenza di una sorta di superstrada costruita dai Greci per collegare la città di Siracusa alla sue colonie Akrai (nei pressi dell’odierna Palazzolo Acreide) e Kasmene. Si tratta della seconda arteria stradale più importante della Sicilia sudorientale antica dopo la via Elorina che collegava Siracusa a Eloro, nei pressi dell’attuale Noto. 
Un'autostrada dell'antichità.
Quest’ultima si snodava verso est, mentre la via Selinuntina conduceva a ovest. Era attraverso queste vie di collegamento che gli antichi abitanti delle città siciliane di epoca greca si dedicavano agli scambi commerciali o si spostavano per ragioni strategiche e belliche. Strade percorse dai carri trainati dai buoi di cui restano, perfettamente visibili, le tracce dei solchi scavati dal passaggio delle ruote. E proprio i resti di carraie antiche sono stati individuati in un’area archeologica aretusea: Cozzo Pantano.
L’indagine è scaturita a seguito di uno studio dedicato proprio a questo sito che si trova alle porte di Siracusa. Qui Paolo Orsi trovò i resti di una necropoli appartenente all’età preistorica e usata sino in epoca precoloniale, dunque prima dell’arrivo dei Greci che da Corinto vennero a fondare la città di Siracusa nel 734 a.C.
Era il 1893 quando davanti all’archeologo di Rovereto spuntarono i resti di 50 tombe a grotticella artificiale (scavate nella roccia) e a forma di tholos, ovvero circolari. "Tombe databili all’età del Bronzo medio – dicono gli archeologi Davide Tanasi e Giancarlo Germanà che stanno curando lo studio basandosi sui ritrovamenti di Orsi– e che testimoniano come il sito di Cozzo del Pantano ritenuto “minore”, rappresenti un importante luogo della cultura di Thapsos nel territorio siracusano. Secondo solo allo stesso Thapsos, anzi, come testimoniano i ricchi corredi delle tombe che includono oltre alle ceramiche indigene, ceramiche di importazione micenea e maltese".
Le tombe di Cozzo Pantano vennero dunque usate in epoca preistorica e, in età greca, nuovamente riutilizzate. "E’ questo un aspetto certo di grande interesse – proseguono gli archeologi – anche perché le tombe, ancora dopo, vennero riaperte e usate per seppellire i morti di epoca romana ene successiva. Vuol dire che certamente questo sito, sebbene fosse periferico, v frequentato e ciò viene dimostrato dal fatto che fosse attraversato dall’importante arteria di collegamento di cui abbiamo rinvenuto resti del suo tracciato". I siracusani di epoca greca, dunque, percorrevano la via Selinuntina per recarsi ad Akrai o Kasmene (e viceversa) e passavano da quest’altura, a Cozzo Pantano, fuori dall’abitato ma conosciuta così come la sua necropoli preistorica che rimase cimitero anche in età più tarda.



"La presenza di materiali di importazione all’interno delle tombe – dicono i due archeologi - denotano l'importanza del sito come collettore dei commerci transmarini. Posto alla sorgente del Ciane, gli indigeni potevano raggiungere facilmente il porto grande e incontrare i mercanti stranieri". Dopo una pubblicazione preliminare di Orsi, il sito non fu più oggetto di indagini e i pochi materiali dell'età del Bronzo medio in esposizione al museo di viale Teocrito hanno contribuito da dare un'idea generale di una scarsa importanza. "Invece il sito di Cozzo Pantano è tutt’altro che minore – proseguono Tanasi e Germanà -. Tra il 2010 e il 2011 abbiamo avviato lo studio degli oltre 200 reperti nei magazzini del museo evidenziando differenti fasi di riuso della necropoli. La fase d'uso di epoca arcaica delle tombe è appunto da mettere in relazione con il passaggio della via Selinuntina sul cozzo del Pantano, identificata sul campo durante una ricognizione. Nel caso della necropoli di Cozzo del Pantano, come già aveva rilevato Paolo Orsi, è di estrema importanza la presenza di parte di una larga strada carraia Appare piuttosto verosimile identificare questa strada con la via Selinuntina, già esistente in età greca, che partendo da Siracusa passava da Akrai e proseguiva per Gela, Agrigento ed Heraclea per arrivare fino a Selinunte. Saranno successivamente i Romani a prolungarla fino a Lilibeo come si può vedere nell’Itinerarium Antonini: una preziosa carta geografica di età tardoantica, in cui viene descritta come la principale strada meridionale dell’Isola".
Isabella di bartolo

lunedì 28 novembre 2016

A Caltabellotta, sulle tracce della città ancora senza nome



Una città ancora senza nome nel cuore della moderna Caltabellotta. A scoprirla sono stati gli archeologi dell’Università di Catania sotto la guida della Soprintendenza di Agrigento che ha autorizzato una missione archeologica sulla collina di contrada San Benedetto, a poche centinaia di metri dal centro storico di Caltabellotta, per riportare alla luce i resti più antichi della cittadina che avevano fatto capolino negli anni Ottanta e che arricchiscono la storia della città dove venne stipulata la pace del 1302 al termine della guerra del Vespro. "Un sito di grande importanza – dice l’archeologa Rosalba Panvini, soprintendente di Siracusa e docente dell'Ateneo catanese – che avevamo iniziato a indagare 30 anni fa. Caltabellotta custodisce le vestigia di un villaggio indigeno poi ellenizzato all’arrivo dei Greci. Un luogo strategico, inespugnabile perché sulla sommità di un colle a mille metri di altezza, e ricco di acqua per la presenza di sorgenti: un luogo idoneo per fondare un villaggio".
E qui, infatti, gli archeologi di Catania hanno rinvenuto tracce di una piccola città indigena. "Ma ciò che non ci aspettavamo – dice Dario Palermo, docente di Archeologia all’Università etnea – era di trovare tracce di età preistorica: una vera sorpresa".
Lo scavo è dunque incentrato su diversi aspetti che questo sito cela insieme con una bellezza paesaggistica mozzafiato per la sua posizione. L’insediamento di San Benedetto svela il passaggio dei secoli attraverso la vita dei suoi abitanti dall’età del Ferro a quella greca. D’improvviso, dopo il V secolo, il villaggio viene abbandonato e probabilmente si trasferisce più a valle in quella che diventerà la città di Triokala in età ellenistico-romana. Un centro fiorente e potente, difeso da una rocca, ricca di acqua e terre feconde.
"Del villaggio più antico non abbiamo alcuna fonte storica – prosegue il prof Palermo -, probabilmente nasce nella tarda età del Bronzo: noi abbiamo appena sfiorato la fase preistorica del sito rinvenendo ceramiche di uso quotidiano simili a quelli di Pantalica nord, ma di ambiente occidentale, e rinvenuto tracce di importazioni dalla Sardegna che confermano l’asse commerciale tra questa parte della Sicilia e l’altra grande isola legato alla circolazione del metallo, soprattutto del bronzo. Le ceramiche nuragiche si trovano anche in Grecia e in Spagna, ed è probabile che furono gli stessi ciprioti esperti nella lavorazione del bronzo a insegnare ai sardi a estrarre e lavorare il metallo. La Sicilia era al centro di questo itinerario commerciale". Dell’insediamento preistorico sono state trovate due grandi capanne circolari dell’età del Ferro, ampie 10 metri: tracce del villaggio più antico che, successivamente, in età arcaica si trasforma in concomitanza con la fondazione di Selinunte poco distante di cui diviene una sorta di vedetta e caposaldo strategico.
"E’ interessante scoprire le varie fasi di vita attraverso il riutilizzo dell’insediamento – dice Rosalba Panvini, docente all’Università etnea -. L’abitato di età greca mostra chiaramente questa caratteristica insieme con un’altra peculiarità legata all’identità del popolo indigeno che ha mantenuto la propria profonda cultura legata alla terra, un segno identitario di cui restano tracce ancora oggi. Caltabellotta è un paesino di rara bellezza e valenza storica e naturalistica, che conserva segni indelebili del suo passato".
Dell’abitato greco sono venuti alla luce resti della cinta muraria, strade e case. E poi ceramiche di uso comune per preparare cibi, mangiare e bere; alcune di produzione locale a testimonianza della presenza di artigiani che imitavano anche la “moda” greca appena arrivata. "Dal punto di vista storico, questo villaggio di Caltabellotta è un ambiente del tutto sconosciuto – dice Palermo – un luogo di frontiera dove si trovano assieme elementi greci, punici e indigeni: una situazione particolare mai indagata a cui si aggiunge un lato preistorico che ci ha sorpreso positivamente". La città senza nome era un crocevia in cui si incontrano le culture indigene dei Sikani, quelle dei Greci, dei Punici e dei Romani come mostrano anche le monete e le ceramiche finora ritrovate.
Per svelare, tassello dopo tassello, la storia di questo sito occorre scavare ancora. Esplorare il villaggio, scoprirne le tombe, i luoghi sacri, le altre caratteristiche.
Isabella di bartolo
 (riproduzione riservata)

lunedì 21 novembre 2016

Sicilia, il museo a portata di click



Parte dalla Sicilia il progetto pilota a livello mondiale su izi.TRAVELpiattaforma multimediale mondiale per la valorizzazione partecipata della cultura in Sicilia, coordinato da Elisa Bonacini – assegnista di ricerca all’Università di Catania. progetto izi.TRAVEL per la Sicilia nasce grazie a una Convenzione, stipulata in data 17 ottobre 2016, fra Dipartimento Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e l’Università di Catania. In occasione di questa presentazione Elisa Bonacini ha presentato anche numerose guide e itinerari multimediali realizzati in collaborazione con numerosi Poli e Parchi regionali, Musei Diocesani, Musei privati, Reti di Musei, Comuni e da Città metropolitane come Palermo e Catania. Sono oggi gratuitamente fruibili sulla piattaforma https://izi.travel/it/search circa 70 audioguide museali e itinerari multimediali sul territorio regionale siciliano, dal Museo Riso a Palermo ai Musei Archeologici di Agrigento e di Ragusa, dal Museo Diocesano di Catania al Museo Regionale di Castello Grifeo a Partanna e itinerari multimediali come quello di Taormina archeologica e numerosi itinerari della Rete Museale e Culturale Belicina e della Rete Museale Culturale e Ambientale del Centro Sicilia. Fra le guide museali a Siracusa, dopo quella già lanciata dal Castello Eurialo, in italiano e spagnolo, è oggi liberamente fruibile e consultabile, con oltre 120 schede, sia online sulla piattaforma di izi.TRAVEL che attraverso la app gratuita di izi.TRAVEL, la guida multimediale del Museo Archeologico "Paolo Orsi" di Siracusa, organizzata per settori e con una sezione "Gli imperdibili" che include tutti i capolavori esposti al museo. Per la prima volta, escono digitalmente line anche i capolavori del Medagliere di Siracusa. Le voci narranti sono quelle di tutte le archeologhe del Museo, che raccontano i capolavori del loro museo: Mariella Musumeci, direttrice del Polo regionale di Siracusa per i siti e i musei archeologici e di Anita Crispino, Giuseppina Monterosso, di Ermelinda Storaci e di Angela Maria Manenti, funzionarie archeologhe del Museo. Inoltre, è stata lanciata anche l'app, sempre gratuita, dell’itinerario per la città Alla Scoperta di Siracusa...con Galatea Ranzi e i Viaggiatori nel Tempo, oltre 45 punti di interesse per scoprire Siracusa, realizzato con la preziosa collaborazione, come guest star in qualità di coordinatrice del progetto e, per numerose schede, anche di testimonial vocale, dell’attrice Galatea Ranzi - siracusana d’adozione come ama definirsi, protagonista del film premio Oscar 2013 La grande bellezza di Paolo Sorrentino, interprete protagonista dell’Antigone, con la celebrata regia di Irene Papas nel 2005, e dell’Alcesti, con la regia di Cesare Lievi (2016) al Teatro Greco di Siracusa - e degli studenti di cinque scuole siracusane, che fanno parte del “Circolo dei Viaggiatori nel tempo”. Galatea Ranzi e 8 ragazzi siracusani si sono trasformati nei "Ciceroni digitali" della loro città.

venerdì 18 novembre 2016

La grande "muraglia greca" di Siracusa: incontro letterario al museo "Paolo Orsi"


Martedì 22 novembre alle ore 17:00, nell'auditoriu  del museo archeologico "Paolo Orsi" di Siracusa, si terrà la presentazione del libro "Le mura di Siracusa, il castello Eurialo e le fortificazioni di Epipoli", frutto del lungo lavoro di ricerca e rilievo degli archeologi Heinz Juergen Beste e Dieter Mertens.
Nelle 328 pagine del volume, corredato di rilievi, gli autori analizzano uno dei più complessi sistemi di fortificazioni dell'età greca. Il volume è diviso in otto capitoli. La prima parte, a cura di Dieter Mertens è tradotta anche in lingua italiana e fornisce un quadro generale del castello Eurialo e delle mura dionigiane. I capitoli successivi, a cura di Beste, analizzano nel dettaglio ogni parte della fortezza, della porta a tenaglia e delle mura, avanzando anche delle ipotesi ricostruttive.

martedì 15 novembre 2016

La testa di Ade in viaggio verso il museo di Aidone



Alla fine gli aidonesi ce l'hanno fatta e la testa di Ade sta tornando a casa. "Che fine ha fatto la testa di Ade?" era la domanda che ormai da oltre un mese facevano alla Regione siciliana gli abitanti di Aidone, erede della gloriosa Morgantina: città del centro Sicilia da cui proviene il prezioso reperto restituito dal Getty museum dove era giunto a seguito di scavi e commerci clandestini. Una domanda che coinvolgeva anche i turisti delusi davanti alle sale vuote del museo archeologico aidonese.



L’antica testa dai riccioli blu, trafugata 40 anni fa nel sito archeologico ennese, è stata in mostra fino al 3 ottobre a Lampedusa in occasione dell’inaugurazione del “Museo della fiducia e del dialogo” avvenuta alla presenza del presidente della Repubblica lo scorso 3 giugno. Poi nessuna notizia, tra l’ira dei residenti e la delusione dei turisti in visita al museo archeologico di Aidone che è ormai definito dai cittadini “il bancomat siciliano di opere d’arte”.
La Testa di Ade, infatti, era giunta a Lampedusa dopo un’esposizione al museo Salinas di Palermo, senza passare da Aidone. E dall’isola è stata poi trasferita ancora una volta a Palermo, dove si trova tuttora nella sede dei carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale, sotto sequestro. “E’ ad Aidone che è stata trovata e qui deve tornare” gridano aidonesi e non solo uniti in una sorta di petizione virtuale che è un appello alle istituzioni affinché l’opera torni a casa sua e non continui il suo tour di esposizioni. Proprio il silenzio delle istituzioni sul reperto archeologico ha scatenato una levata di scudi affiancata da un fotomontaggio provocatorio protagonista di un tam tam mediatico con lo sloga “chi l’ha visto?”. A farsi portavoce di residenti e turisti è l’Archeoclub Morgantina-Aidone: “Vogliamo notizie certe sulla Testa di Ade che appartiene al nostro territorio - dice la presidentessa Alessandra Mirabella -. Vogliamo sapere con certezza quando rientrerà e se la Regione intende ancora sfruttare il nostro museo come "magazzino" di opere d'arte da spostare all’occorrenza”. Il cenno è alla mostra degli Acroliti all’Expo di Milano, al prestito degli Argenti di Eupolemos che si trovano ancora al Met di New york e, appunto, alla decisione di esporre la Testa di Ade di ritorno dall’Amerina a Palermo e Lampedusa prima che a casa sua.
L’indignazione dell’Archeoclub si acuisce di fronte alle notizie di richieste di prestito dell’opera fuori dall’Isola. Nelle scorse settimane, gli Uffizi di Firenze hanno mostrato interesse per gli Argenti di Eupolemos e per gli Acroliti del museo di Aidone.“Il Museo di Aidone attende da troppo tempo il ritorno di Ade, figuriamoci se si può tollerare un prestito – dice la presidentessa di Archeoclub -. Tra l’altro questa politica si è rivelata infruttuosa per noi. Siamo alle solite: la vera promozione è quella fanno i singoli difensori di Aidone o le associazioni di volontariato come la nostra; non ci risulta che i turisti che hanno visto Ade al Salinas o a Lampedusa siano venuti poi ad Aidone. Semmai al contrario, chi arriva qui resta profondamente deluso per l’assenza del reperto”.
A promuovere la Testa di Ade e il sito archeologico a cui appartiene è Serena Raffiotta, l’archeologa che ha scoperto il ricciolo blu nel magazzino del museo avviando le operazioni di riconoscimento del reperto in America. 



Secondo le ultime notizie, la testa di Ade sarebbe già arrivata al museo di Aidone.
Isabella di bartolo 
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