Si potrebbe definire il più antenato dei boccali da
cui sorseggiare la schiumosa bevanda. Sì, perché il “bicchiere campaniforme”
esposto al museo Salinas di Palermo era, secondo gli archeologi, usato per
gustare una birra primordiale.
E’ questa una delle curiosità in esposizione tra le
vetrine del museo archeologico regionale siciliano chiuso per restauro ma
aperto con iniziative varie fortemente volute dalla direttrice Francesca
Spatafora. Tra queste, la mostra dal titolo “Nutrire la città” allestita in occasione
dell’Esposizione universale di Milano dedicata al cibo. Un evento che ha narrato
attraverso gli oggetti più antichi della Sicilia, quali fossero le abitudini a
tavola dei più antichi abitanti dell’Isola. Ma anche una maniera per scoprire
modus vivendi che hanno lasciato tracce nella modernità.
Tra i reperti esposti tra le sale aperte del
Salinas, vi è appunto questa sorta di boccale che risale alle ultime fasi dell’età
Eneolitica (2000-1800 a.C.) quando si diffuse nel territorio nord-occidentale
della Sicilia la cosiddetta cultura del “bicchiere campaniforme” che prende il
nome dal bicchiere a forma di campana rovesciata, con il collo stretto e la
base allargata il cui uso non è del tutto certo.
<Tra le ipotesi sulla
funzionalità di questa strana tipologia di bicchiere – dice la direttrice
Francesca Spatafora - vi è quella che lo associa alla diffusione di bevande
particolari: forse sul fondo largo di questo contenitore si lasciavano
depositare le scorie della fermentazione dei cereali che, lasciati in acqua per
un po’ di tempo, producono una specie di birra più o meno alcolica. L’antenata
della nostra bevanda, dunque>.
Un’altra ipotesi spiega la sua presenza sulle tavole
siciliane dell’antichità come elemento simbolico di uno status particolare e
che, quindi, questo bicchiere fosse utilizzato tra individui di rango elevato.
Una coppa per i più abbienti, dunque. <In ogni caso l’arrivo del bicchiere è
legato a popolazioni che giunsero dall’Europa sud-occidentale, probabilmente
dalla penisola iberica, portando novità antropologiche e culturali in una
società in via di cambiamento: si andava infatti progressivamente passando
dalla società neolitica di tipo agro-pastorale piuttosto appiattita, a quella
più articolata e differenziata dell’Età dei metalli>. Il bicchiere in mostra
proviene dalla grotta della collina di Chiaristella presso Villafrati, nel
territorio di Palermo, e si data tra l’Eneolitico finale e la prima Età del
Bronzo.
In attesa dell'inaugurazione nella sua veste rinnovata, prevista a fine anno, il
Salinas non ha mai chiuso le porte ai visitatori ma ha sempre inventato eventi,
incontri e, appunto, mostre che hanno dato la possibilità di conoscere anche
molti dei pezzi custoditi nei magazzini del museo di Palermo.
Tra le curiosità in esposizione anche alcune particolari ciotole usate da un’èlite siciliana
dell’antichità. <Frugando tra le immondizie di palazzo Chiaromonte (Steri)
conservate al Museo Salinas – dice la direttrice - abbiamo trovato una trentina
di contenitori che facevano parte dei servizi da tavola usati dagli abitanti
del palazzo nella prima metà del Trecento. Non erano oggetti di lusso, anzi si
tratta di stoviglie piuttosto comuni e utilizzate anche nelle case degli
abitanti meno facoltosi di Palermo e dell’area del Palermitano. Hanno tutte la
stessa forma adatta a contenere cibo per una persona, hanno la superficie
interna impermeabilizzata con una “vetrina” al piombo trasparente e lievemente
colorata di verde e sono decorate con tre spirali verdi o brune>.
Erano realizzate a Palermo, tra la seconda metà del
XIII secolo e la prima metà del XIV, da artigiani che imitavano prodotti
campani decorati con quattro spirali. Mentre le ceramiche a 4 spirali campane
furono prodotte per un ampio mercato mediterraneo: si trovano per esempio a
Pisa, Genova, Roma, ma anche in Tunisia e anche in molti siti siciliani come
Palermo, Brucato, Monte Iato, Segesta, Marsala, Trapani, Marettimo, Cefalà
Diana, Sciacca e altri ancora, quelle a tre spirali di Palermo ebbero una
circolazione ridotta, ma erano ugualmente belle come dimostrano i rinvenimenti
dello Steri.
<Tutte queste ciotole dello Steri – dice la
direttrice Francesca Spatafora - inoltre danno un’idea di quante persone
vivessero e mangiassero al palazzo; non solo i signori Chiaromonte ma anche
tutti coloro che erano al loro seguito: famiglie, uomini armati, persone
incaricate di sovrintendere alla casa, amministratori, cuochi, servi, serve. E’
il respiro quotidiano della vita del palazzo che si può ancora ascoltare
frugando tra le immondizie>.
Isabella di bartolo (riproduzione riservata)
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