lunedì 30 novembre 2015

Il cuore (poco) pulsante dei musei siciliani




Che la bellezza da sola non basti, lo insegna l’Unesco. La Sicilia, tra le regioni più ricche di siti iscritti nella “World heritage list”, rischia di perdere riconoscimenti a causa dell’indolenza di chi dovrebbe gestire monumenti e aree archeologiche uniche al mondo. E così anche davanti ai numeri delle presenze turistiche 2015 nei musei dell’Isola, emerge una vacatio ormai decennale condita dall’arroganza di direttori e soprintendenti di vecchio stampo.
Il turismo culturale in Sicilia continua sulla strada positiva avviata nel 2014 e vede le aree archeologiche di Taormina, Agrigento e Siracusa sul podio delle mete più affollate dai visitatori di tutto il mondo. Eppure, alle luci di luoghi ammirati da centinaia di migliaia di visitatori, si affiancano le ombre dei musei poco distanti e deserti. Accade a Taormina dove il Teatro antico registra 660mila presenze in 10 mesi e il museo archeologico di Naxos si ferma a 19mila. Accade ad Agrigento con 485mila turisti alla Valle dei Templi e meno di 14mila al Museo archeologico di Agrigento e, ancora, succede a Siracusa dove il Parco della Neapolis sfiora i 360mila visitatori e il museo “Paolo Orsi”, tra i più importanti d’Europa, riesce a intercettarne 56mila di cui la metà non paganti. 

Una, nessuna, centomila le ragioni dello scarso appeal dei musei siciliani secondo gli addetti ai lavori. Il ministero ai Beni culturali suggerisce bandi e criteri trasparenti per direttori e staff eliminando così le nomine politiche. Gli esperti di comunicazione 2.0 parlano di ammodernare linguaggi e vetrine, sfruttando la multimedialità e le vie del web. I soprintendenti auspicano lo stanziamento di maggiori risorse economiche da parte della Regione e il valzer degli assessore regionali mortifica qualche idea avviata come i gemellaggi con grandi strutture internazionali e i prestiti in cambio di mostre di levatura mondiale. A complicare le cose ci si mettono anche i bandi partiti e bloccati per i bookshop e i servizi aggiuntivi.
Ma forse la più significativa tra tutte le ragioni è quella che si legge tra le pagine di commento lasciate dai visitatori nei musei siciliani: la mancanza di vitalità. I musei regionali sono vecchi, addormentati, convinti che le loro meraviglie siano sufficienti a riempirli di visitatori. Un’eccezione però c’è: il Salinas di Palermo. E’ tra i più attivi sul web a livello nazionale e il più aperto al territorio. Promuove eventi, mostre, visite speciali. Apre i depositi, invita gli studenti, collabora con le università e cinguetta sul web. E la cosa più bella è che è chiuso per restauro ma è più vivo di tutti gli altri musei. 



I numeri e i commenti
Sono stati 484mila i visitatori che hanno ammirato i templi di Agrigento da gennaio a ottobre e, di questi, il 5% circa ha avuto voglia di proseguire il tour nella storia tra le sale del Museo archeologico regionale della città. Stesso raffronto tra il Teatro greco di Siracusa e il Museo archeologico “Paolo Orsi” che, nonostante sia a poche centinaia di metri dalla Neapolis e rappresenti uno dei più importanti d’Europa, resta meta per pochi appassionati. Stesso discorso per il Teatro antico di Taormina e il Museo archeologico di Naxos. <C’è un paradosso tutto siciliano quando si parla dei numeri relativi al turismo culturale>. Ne è convinto il presidente del Consiglio nazionale dei Beni culturali del ministero, il professor Giuliano Volpe, spulciano i dati del 2015. E non solo perché i flussi di visitatori nei luoghi d’arte e storia dell’Isola sono di gran lunga inferiori rispetto alle loro potenzialità specie se confrontati con le “star” d’Italia. Ma soprattutto in merito al rapporto tra le presenze registrate tra i siti di uno stesso comprensorio come Volpe evidenzia. <In Sicilia i musei e le aree archeologiche di una stessa città non dialogano e si vede – commenta – così come si nota che i direttori, seppur eccellenti professionisti, non siano adeguati alle esigenze del mercato culturale moderno. La Sicilia deve svecchiarsi e allontanarsi dalla politica>.
I numeri relativi al 2015 (registrati dal dipartimento regionale ai Beni culturali della Regione siciliana fino a ottobre) confermano il trend del 2014 con il Teatro antico di Taormina sul podio dei luoghi più affollati dai turisti con 659mila presenze; seguita dal Parco archeologico della valle dei Templi di Agrigento con 485mila presenze; medaglia di bronzo al Parco archeologico della Neapolis di Siracusa con 359mila turisti in 10 mesi.
I dati dei tre siti siciliani più frequentati dai visitatori sono di gran lunga inferiori a quelli registrati dal circuito del Colosseo con 5 milioni e 625mila presenze o Pompei con 2 milioni e mezzo di visitatori e la Galleria degli Uffizi che sfiora i 2 milioni. <Ma questo non stupisce – commenta Volpe – semmai rammarica. Quel che stupisce è il fatto che vi siano realtà culturali limitrofe con numeri molto diversi e stupisce anche il paragone siciliano con realtà similari d’Italia e del Meridione>. Basta guardare ai numeri della Galleria Borghese (498mila presenze), a quelli del museo nazionale di Napoli (308mila) o del circuito archeologico di Roma con le Terme di Caracalla (245mila).
<Che i flussi dei musei siciliani siano bassi lo confermano anche i raffronti con il museo di Reggio Calabria che è praticamente quasi chiuso eppure, solo con i Bronzi di Riace, ha registrato 150mila presenze in un anno. Peggio ancora il paragone con il Museo nazionale di Taranto: realtà molto marginale e fruibile a sezioni che ha avuto 50mila presenze secondo un trend in crescita – dice il presidente del Consiglio nazionale dei Beni culturali - Alla luce di tutto ciò, la Sicilia dovrebbe essere molto più ricca di visitatori e certo non dovrebbero esistere situazioni di musei con poche decine di turisti in un anno>. Come il Castello a mare di Palermo che ha registrato 22 turisti in 10 mesi o Palazzo Panitteri, nella provincia agrigentina, con 98 presenze.
Anche i quasi 300mila turisti alla Villa romana del Casale di Piazza Armerina meritano una riflessione, secondo Volpe. E aprono il dibattito sull’esigenza di assicurare servizi e collegamenti tra le città e i luoghi d’arte siciliani. La Villa del Casale, insignita dell’Unesco, resta una cattedrale nel deserto ancor più penalizzata dalla chiusura dell’autostrada PA-CT che ha scoraggiato il turismo crocieristico e quello delle scolaresche. <L’unico caso positivo in Sicilia è quello del Parco della Valle dei Templi di Agrigento che certo è affollato da turisti per la notorietà e l’importanza del sito – dice Giuliano Volpe - ma anche per una gestione più vivace, aperta alle innovazioni e capace di mettere in campo una serie di iniziative articolate, attività promozionali con il coinvolgimento della comunità come gli orti sociali, le produzioni di vino e olio tra i terreni della valle. Tutto ciò dimostrano come una gestione più moderna, dinamica e aperta anche ai cittadini sia vincente. Non dimentichiamo che l’assessorato siciliano si chiama ancora alla “Identità siciliana” e non può dimenticare i suoi abitanti>. Il caso di Agrigento è emblematico poiché qui esiste l’unico Parco archeologico autonomo della Sicilia. La Regione ha infatti previsto questo tipo di gestione dei siti archeologici, voluta dalla legge del 2000, ma non ha mai proseguito con l’attivazione degli enti ferma negli uffici e in mano alla consueta burocrazia.
Ma il caso Agrigento è emblematico anche per la vicinanza del Museo archeologico che resta tra i meno affollati dell’Isola. <Un luogo ricco di meraviglia ma sconosciuto persino ai cittadini di Agrigento – commenta Giuliano Volpe – e così accade nel resto dell’Isola. Mi torna in mente quanto ci ha detto Papa Francesco durante un’udienza parlando delle chiese che debbono essere case aperte e non trasformarsi in museo. Ecco, i musei sono visti come una entità chiusa, ostile: questo deve farci riflettere. Abbiamo musei con collezioni straordinarie che poi diventano luoghi chiusi e allora occorre ripartire da questi errori e puntare a comunicazioni moderne e nuove azioni. I musei siciliani sono vecchi, inconcepibili. E ammodernarli non vuol dire svilire le loro collezioni ma, al contrario, dar loro un’altra vita attraverso il web, i social network, gli eventi con il territorio, gli scambi. E’ assurdo che Siracusa o Agrigento abbiamo numeri così alti di presenze e di queste pochissimi turisti sentano il bisogno di visitare i loro musei. E tragicamente rampante il messaggio dei numeri: è molto più di un campanello d’allarme per la Sicilia. Bisogna ripensare completamente il concetto di museo e di gestione, e non è riempendolo di custodi che si risolveranno le cose. Ci vogliono persone competenti, studiosi certo ma anche manager. I musei debbono avere autonomia vera con direzioni e staff di persone di provata competenza scientifico-culturale ma anche manageriale e non scelti dalla politica, servono bandi e procedure trasparenti che rispettino il merito e le professioni. Servono comitati scientifici e consigli d’amministrazione come si sta facendo per i musei italiani. Che senso ha, poi, avere un’amministrazione autonoma per la Valle dei Templi slegata dal Museo di Agrigento? Non è detto che debbano essere gestite insieme ma queste strutture debbono lavorare insieme: io colgo invece tra le Soprintendenze, i musei, le aree archeologiche siciliane una sorta di muro trasparente ma invalicabile>.
Necessaria, dunque, la corretta formazione. <Si lavori di più con le università e si dialoghi tra i musei per una collaborazione sistematica – dice il presidente del Consiglio nazionale dei Beni culturali -. Avevo lanciato al governo siciliano la proposta di sperimentare qui i Policlinici dei beni culturali con gli enti accademici, di ricerca, le associazioni. Ma non ho avuto alcuna risposta>. E al silenzio del governo Crocetta si aggiunge il nuovo valzer degli assessori che complica la gestione anche del patrimonio culturale connotato da una lista delle priorità tra cui, appunto, la nascita dei Parchi archeologici autonomi e la riduzione delle unità operative e delle direzioni museali delle Soprintendenze per una gestione più snella.
(articolo pubblicato su La Sicilia)

lunedì 23 novembre 2015

Lentini, ultimi lavori per il restyling del Museo archeologico

La provincia si riapproprierà presto di uno dei suoi tesori incompresi. Ultimo mese di lavori, infatti, per il gioiello dell’antica Leontinoi: il Museo archeologico regionale della città lentinese protagonista dal 2014 di una grande operazione di restyling curata dalla Soprintendenza ai beni culturali di Siracusa.
Ammonta a 2 milioni e mezzo di euro la somma a disposizione dall’ente aretuseo per ridare lustro e nuova sicurezza alla struttura museale di Lentini. «Entro la fine dell’anno - dice la soprintendente Rosalba Panvini - l’intervento strutturale sarà concluso. Poi occorreranno gli ultimi mesi per definire il nuovo allestimento e, a Pasqua, contiamo di inaugurare il Museo e restituirlo a Lentini, alla provincia e alla Sicilia tutta che si riapproprierà di un pezzo del suo fulgido passato».
La notizia giunge al termine di un sopralluogo eseguito dalla soprintendente Panvini insieme con la dirigente dell’unità operativa Beni archeologici, Mariella Musumeci, che sta seguendo i lavori di riqualificazione del museo. Con loro anche i tecnici Salvo Longo, responsabile unico del procedimento, e Carlo Staffile, direttore dei lavori.
«Il Museo archeologico sarà restituito alla fruizione nella sua veste rinnovata - prosegue la soprintendente - nel segno di una nuova sicurezza. L’intero allestimento è stato rinnovato e anche la parte più nascosta della struttura espositiva è protagonista di attenzioni peculiari: i depositi del Museo di Lentini, infatti, sono stati ordinati secondo criteri nuovi e migliorativi».

Il Museo archeologico lentinese nacque attorno a un primo nucleo proveniente dall’antico Museo civico. La struttura regionale è ospitata in una sede risalente agli anni Cinquanta che si trova in via del Museo. La maggiorparte dei suoi preziosi reperti proviene dagli scavi effettuati negli anni Cinquanta nella valle San Mauro, che custodisce i resti di un complesso delle fortificazioni e di una necropoli, e sul colle della Metapiccola dove si trova un insediamento dell’età del Ferro e un abitato arcaico. Notevoli per quantità e qualità i materiali provenienti da collezioni private: la più importante delle quali è la collezione Santapaola. Fra i reperti provenienti dalle indagini curate negli anni più recenti dalla Soprintendenza di Siracusa nel territorio e nel sito urbano della città odierna, rivestono particolare interesse i materiali dai santuari extraurbani di Scala Portazza e Alaimo.
La sede del Museo era in origine destinata ad ospitare una scuola e venne acquisita dalla Soprintendenza alle antichità per la Sicilia orientale, per consentire la creazione di un museo destinato ad illustrare le prime grandi scoperte nel sito dell’antica Leontinoi.
Il museo illustra appunto la grande storia della città antica e del suo territorio, a partire dalla preistoria fino all’età medievale. Ripercorre le fasi della vita della colonia fondata dai calcidesi nel 729 a. C. sul lembo di territorio abitato da popolazioni indigene. Leontinoi si estendeva sulla sommità di due alture parallele e attraversate da una vallata, affacciate sulla fertile piana di Catania e collegate al mare attraverso il fiume S. Leonardo. Una cinta muraria racchiudeva la città correndo lungo il ciglio dei colli ed includendo anche la vallata, alle cui estremità erano situate due poderose porte a tenaglia. Di queste ultime, quella meridionale è stata integralmente messa in luce insieme alle poche tracce delle aree sacre urbane (sulla sommità dei colli), di un santuario extraurbano (in pianura in contrada Alaimo) e di parte delle necropoli che si estendevano ad arco a nord ed a sud della città.
E proprio per proseguire lungo la strada della conoscenza dell’antica colonia e della storia di Leontinoi, dopo alcuni anni di attesa, la Soprintendenza di Siracusa ha firmato la convenzione con l’Università di Catania per proseguire gli scavi nell’area archeologica di colle San Mauro. Qui sono impegnati da anni gli studenti della Scuola di specializzazione in Archeologia diretti da Massimo Frasca, docente di Archeologia della Magna Grecia e direttore della Scuola che ha sede in via Landolina a Siracusa. L’impegno profuso dall’Università in quest’opera di ricerca è stato apprezzato dalla soprintendente Rosalba Panvini che ha voluto proseguire lungo un percorso di conoscenza scientifica avviato dal prof. Frasca e dai giovani archeologi. La Scuola di specializzazione è l’unica della Sicilia e tramanda una tradizione culturale elevata vantando collaborazioni di levatura internazionale.
«Sono convinta che l’apporto delle Università presenti nel territorio - dice Rosalba Panvini, che è anche docente di Museologia all’Ateneo di Catania - sia fondamentale per lo studio e la ricerca del patrimonio culturale. In particolare, sono sempre favorevole al coinvolgimento dei giovani in queste attività perché è questa la maniera più corretta di far conoscere, e dunque amare, i nostri tesori».
(Articolo di Isabella Di Bartolo pubblicato su La Sicilia) 

domenica 22 novembre 2015

Comunicare l'archeologia alla Valle dei Templi di Agrigento

Passato e modernità s'intrecciano alla Valle dei Templi di Agrigento che ha ospitato un incontro dedicato all'archeologia e alla sua divulgazione attraverso i media. Un argomento di grande attualità alla luce delle esigenze sempre più incalzanti di comunicare, coniugando informazioni scientifiche e capacità di incuriosire i lettori, tematiche legate al patrimonio culturale, alla sua tutela e alla sua fruizione. Ad animare l'incontro, illustrato dal direttore del Parco Valle dei Templi, l'architetto Giuseppe Parello, è stata l'esperienza di Isabella Di Bartolo nella duplice veste di archeologa e giornalista raccontata agli studenti di quattro istituti superiori di Agrigento. Sono stati i ragazzi, infatti, i veri protagonisti di un seminario che si è trasformato in una occasione di dibattito sul ruolo del patrimonio culturale in città "simbolo" come Agrigento, appunto, ma anche Siracusa. Di archeologia pubblica ha accennato il direttore Giuseppe Parello parlando del futuro di una scienza in mutamento qual è quella dedita alla ricerca e alla divulgazione culturale mentre Isabella Di Bartolo si è soffermata sul concetto pubblico di bene culturale, sul senso di appartenenza che deve avere una comunità nei confronti del patrimonio.

Attenti e curiosi gli studenti della IV D del liceo Scientifico "Leonardo", accompagnati dalla docente Valentina Calì; della V B del liceo Scientifico Majorana con la docente Annamaria Sammito; dell'Istituto tecnico Brunelleschi con la docente Marcella Riccobono e della I B del liceo Classico Empedocle accompagnati dalla docente Sabrina Preti. I ragazzi hanno ascoltato le modalità con cui si lavora alla redazione di un articolo giornalistico dedicato alle tematiche archeologiche a partire dall'importanza delle fonti che rappresentano il fondamento della divulgazione culturale poiché essa deve basarsi sulla corretta conoscenza. E poi, ancora, l'esigenza di utilizzare un linguaggio semplice ma efficare per la redazione dei testi destinati ai media e, dunque, al grande pubblico. 
Tra i presenti anche i giornalisti e documentaristi Michele Termine e Franz La Paglia, insieme con esperti di archeologia sperimentale e alcuni tra gli studiosi dello staff della Valle dei Templi di Agrigento. 
Tra gli argomenti dell'incontro anche il ruolo dei musei intesi come luoghi di vivacità culturale e non, come è ancora nell'immaginario collettivo delle nuove generazioni, spazi espositivi fini a se stessi. L'importanza della diffusione culturale corretta e l'esempio virtuoso della Valle dei Templi di Agrigento, attenta nella promozione moderna del suo patrimonio e delle sue attività, sono stati argomenti centrali dell'incontro così come alcune recenti scoperte archeologiche nel territorio di Agrigento diffuse, attraverso gli articoli di Isabella Di Bartolo, in maniera innovativa e scientificamente corretta. E' stato il caso della ricostruzione in 3D del primo volto di donna preistorica grazie alla sinergia tra Soprintendenza di Agrigento e Arcadia University così come della mostra dedicata agli ori siciliani del British museum di Londra che è stata allestita al museo archeologico "Paolo Orsi" di Siracusa e, adesso, aprirà i battenti alla Biblioteca Lucchesiana di Agrigento. In merito a quest'ultimo evento, la giornalista-archeologa ha narrato agli studenti e ai presenti all'incontro la raccolta delle informazioni, la ricostruzione della storia dei reperti in mostra provenienti dall'area di Sant'Angelo Muxaro e poi venduti al British museum, la ricerca dei dettagli attraverso la dedizione e lo studio di Paolo Orsi e le indagini moderne compiute dagli archeologi tra cui Dario Palermo: il risultato è stata la redazione di articoli giornalistici per testate nazionale ed estere che hanno fatto sì che un altro pezzo della Sicilia più bella fosse descritta e conosciuta nel mondo. 
(Fotografie di Michele Termine)

martedì 17 novembre 2015

Mosaici del Tellaro gratis per i troppi furti. La Regione si arrende?



Da qualche anno ormai, la villa Romana del Tellaro di contrada Caddeddi, alle porte di Noto, è nota più per il suo degrado che per la valenza dei suoi mosaici policromi. L'area archeologica è abbandonata come mostrano, impietose, le immagini scattate dai pochi visitatori che si recano ad ammirarne la bellezza dei suoi pavimenti musivi. A complicare il quadro del degrado ci sono stati alcuni furti che hanno spinto la Regione siciliana ad eliminare il biglietto di accesso alla villa Romana per evitare la presenza di denaro al suo interno e tutelare, così, turisti e custodi.
Una decisione pro-tempore che dura da ormai qualche mese e fa discutere. 
L’ultimo furto ai danni del sito archeologico è accaduto a luglio quando ignoti portarono via la scatola con i soldi dei biglietti di accesso dopo che, poche settimane prima, venne portata via la cassaforte. Una situazione d’emergenza che la Regione ha fronteggiato con una soluzione-tampone in attesa di trovare fondi per un sistema di videosorveglianza o mettere in campo altre ipotesi. 
Ma quello del biglietto di ingresso e del rischio rapine è solo uno dei tanti problemi del sito scoperto negli anni Sessanta in contrada Caddeddi, riportato alla luce dal soprintendente emerito di Siracusa, Giuseppe Voza, e ormai da qualche anno dimenticato come mostra l’incuria è impietosamente fotografata dai (pochi) turisti. "Il primo problema è arrivare alla Villa romana – dice uno dei visitatori – poiché le indicazioni non sono adeguate e certamente rappresentano una carenza importante poiché non vi sono informazioni né brochure negli altri luoghi d’arte e turismo del Siracusano. La villa Romana è fuori dai tour tradizionali e questo è certamente un errore incomprensibile. E poi, una volta giunti davanti al sito archeologico attraverso una strada dal manto dissestato e tra le erbacce, si giunge a un edificio poco curato e che poco somiglia a un luogo d’arte". 


I mosaici policromi della Villa Romana del Tellaro disegnano le loro meravigliose immagini sotto una copertura sporca e ricoperta da ragnatele, mentre le tre legende che illustrano le scene musive sono sfregiate dal guano dei piccioni. Ma anche il resto della residenza romana è senza cura: persino un piccione morto campeggia tra gli ambienti riportati alla luce mentre sui muri si notano crepe e infiltrazioni. Una situazione di incuria che risale ormai a qualche anno e che si lega all’assenza di risorse per la manutenzione ordinaria dell’area archeologica.
A rischio sono gli stessi tesori. Guano, pioggia, sole e polvere danneggiano soprattutto le porzioni meno protette dei grandi mosaici che, per la loro valenza, fanno sì che la Villa del Tellaro sia per bellezza e importanza seconda alla Villa del Casale di Piazza Armerina. 

Anche le formiche rappresentano un pericolo per l’incolumità dei reperti tanto che, in passato, la Soprintendenza aveva avviato un restauro-tampone a cui però avrebbe dovuto far seguito la manutenzione costante dei reperti. Così come dovrebbe essere progettata una nuova copertura dei pavimenti musivi per garantire protezione e corretta fruizione dei reperti, come suggerito da tempo dalla Soprintendenza aretusea che è adesso a caccia di nuovi fondi.
E la carenza di cure è percepita con amarezza soprattutto dai turisti come dimostrano i commenti scritti dai visitatori al termine dei tour nel sito archeologico: assenza di legende ricostruttive, scarsa pulizia, nessuna brochure turistica. Nessun custode a garantire sicurezza durante le visite né alcuna guida per dare informazioni ai visitatori lungo il percorso. "Bello, bellissimo – dicono i turisti – ma poco valorizzato. Fate pagare un biglietto di ingresso e garantite la manutenzione". Questo uno dei commenti sul libro delle visite che campeggia poco prima dell’uscita davanti alla guardiola dei custodi. E si riapre il dibattito sulla corretta esposizione dei mosaici che, prima dell’inaugurazione del sito, vennero smontati, restaurati e mostrati in tutto il loro ritrovato splendore nella chiesa di S. Domenico, nel centro storico di Noto. "Riportateli al chiuso – commenta l’unico turista siciliano tra le sale della Villa -  magari al museo di Siracusa oppure in uno dei palazzi antichi di Noto. Salvateli:tenerli qui è un’offesa". 
(Isabella Di Bartolo, riproduzione riservata)