Che
la bellezza da sola non basti, lo insegna l’Unesco. La Sicilia, tra le regioni
più ricche di siti iscritti nella “World heritage list”, rischia di perdere
riconoscimenti a causa dell’indolenza di chi dovrebbe gestire monumenti e aree
archeologiche uniche al mondo. E così anche davanti ai numeri delle presenze
turistiche 2015 nei musei dell’Isola, emerge una vacatio ormai decennale
condita dall’arroganza di direttori e soprintendenti di vecchio stampo.
Il
turismo culturale in Sicilia continua sulla strada positiva avviata nel 2014 e
vede le aree archeologiche di Taormina, Agrigento e Siracusa sul podio delle
mete più affollate dai visitatori di tutto il mondo. Eppure, alle luci di
luoghi ammirati da centinaia di migliaia di visitatori, si affiancano le ombre
dei musei poco distanti e deserti. Accade a Taormina dove il Teatro antico
registra 660mila presenze in 10 mesi e il museo archeologico di Naxos si ferma
a 19mila. Accade ad Agrigento con 485mila turisti alla Valle dei Templi e meno
di 14mila al Museo archeologico di Agrigento e, ancora, succede a Siracusa dove
il Parco della Neapolis sfiora i 360mila visitatori e il museo “Paolo Orsi”,
tra i più importanti d’Europa, riesce a intercettarne 56mila di cui la metà non
paganti.
Una,
nessuna, centomila le ragioni dello scarso appeal dei musei siciliani secondo
gli addetti ai lavori. Il ministero ai Beni culturali suggerisce bandi e
criteri trasparenti per direttori e staff eliminando così le nomine politiche.
Gli esperti di comunicazione 2.0 parlano di ammodernare linguaggi e vetrine,
sfruttando la multimedialità e le vie del web. I soprintendenti auspicano lo
stanziamento di maggiori risorse economiche da parte della Regione e il valzer
degli assessore regionali mortifica qualche idea avviata come i gemellaggi con
grandi strutture internazionali e i prestiti in cambio di mostre di levatura
mondiale. A complicare le cose ci si mettono anche i bandi partiti e bloccati
per i bookshop e i servizi aggiuntivi.
Ma
forse la più significativa tra tutte le ragioni è quella che si legge tra le
pagine di commento lasciate dai visitatori nei musei siciliani: la mancanza di
vitalità. I musei regionali sono vecchi, addormentati, convinti che le loro
meraviglie siano sufficienti a riempirli di visitatori. Un’eccezione però c’è:
il Salinas di Palermo. E’ tra i più attivi sul web a livello nazionale e il più
aperto al territorio. Promuove eventi, mostre, visite speciali. Apre i
depositi, invita gli studenti, collabora con le università e cinguetta sul web.
E la cosa più bella è che è chiuso per restauro ma è più vivo di tutti gli
altri musei.
I numeri e i commenti
Sono
stati 484mila i visitatori che hanno ammirato i templi di Agrigento da gennaio
a ottobre e, di questi, il 5% circa ha avuto voglia di proseguire il tour nella
storia tra le sale del Museo archeologico regionale della città. Stesso
raffronto tra il Teatro greco di Siracusa e il Museo archeologico “Paolo Orsi”
che, nonostante sia a poche centinaia di metri dalla Neapolis e rappresenti uno
dei più importanti d’Europa, resta meta per pochi appassionati. Stesso discorso
per il Teatro antico di Taormina e il Museo archeologico di Naxos. <C’è un
paradosso tutto siciliano quando si parla dei numeri relativi al turismo
culturale>. Ne è convinto il presidente del Consiglio nazionale dei Beni
culturali del ministero, il professor Giuliano Volpe, spulciano i dati del
2015. E non solo perché i flussi di visitatori nei luoghi d’arte e storia
dell’Isola sono di gran lunga inferiori rispetto alle loro potenzialità specie
se confrontati con le “star” d’Italia. Ma soprattutto in merito al rapporto tra
le presenze registrate tra i siti di uno stesso comprensorio come Volpe
evidenzia. <In Sicilia i musei e le aree archeologiche di una stessa città
non dialogano e si vede – commenta – così come si nota che i direttori, seppur
eccellenti professionisti, non siano adeguati alle esigenze del mercato
culturale moderno. La Sicilia deve svecchiarsi e allontanarsi dalla
politica>.
I
numeri relativi al 2015 (registrati dal dipartimento regionale ai Beni
culturali della Regione siciliana fino a ottobre) confermano il trend del 2014
con il Teatro antico di Taormina sul podio dei luoghi più affollati dai turisti
con 659mila presenze; seguita dal Parco archeologico della valle dei Templi di
Agrigento con 485mila presenze; medaglia di bronzo al Parco archeologico della
Neapolis di Siracusa con 359mila turisti in 10 mesi.
I
dati dei tre siti siciliani più frequentati dai visitatori sono di gran lunga
inferiori a quelli registrati dal circuito del Colosseo con 5 milioni e 625mila
presenze o Pompei con 2 milioni e mezzo di visitatori e la Galleria degli Uffizi
che sfiora i 2 milioni. <Ma questo non stupisce – commenta Volpe – semmai
rammarica. Quel che stupisce è il fatto che vi siano realtà culturali limitrofe
con numeri molto diversi e stupisce anche il paragone siciliano con realtà
similari d’Italia e del Meridione>. Basta guardare ai numeri della Galleria
Borghese (498mila presenze), a quelli del museo nazionale di Napoli (308mila) o
del circuito archeologico di Roma con le Terme di Caracalla (245mila).
<Che
i flussi dei musei siciliani siano bassi lo confermano anche i raffronti con il
museo di Reggio Calabria che è praticamente quasi chiuso eppure, solo con i
Bronzi di Riace, ha registrato 150mila presenze in un anno. Peggio ancora il
paragone con il Museo nazionale di Taranto: realtà molto marginale e fruibile a
sezioni che ha avuto 50mila presenze secondo un trend in crescita – dice il
presidente del Consiglio nazionale dei Beni culturali - Alla luce di tutto ciò,
la Sicilia dovrebbe essere molto più ricca di visitatori e certo non dovrebbero
esistere situazioni di musei con poche decine di turisti in un anno>. Come
il Castello a mare di Palermo che ha registrato 22 turisti in 10 mesi o Palazzo
Panitteri, nella provincia agrigentina, con 98 presenze.
Anche
i quasi 300mila turisti alla Villa romana del Casale di Piazza Armerina
meritano una riflessione, secondo Volpe. E aprono il dibattito sull’esigenza di
assicurare servizi e collegamenti tra le città e i luoghi d’arte siciliani. La
Villa del Casale, insignita dell’Unesco, resta una cattedrale nel deserto ancor
più penalizzata dalla chiusura dell’autostrada PA-CT che ha scoraggiato il
turismo crocieristico e quello delle scolaresche. <L’unico caso positivo in
Sicilia è quello del Parco della Valle dei Templi di Agrigento che certo è
affollato da turisti per la notorietà e l’importanza del sito – dice Giuliano
Volpe - ma anche per una gestione più vivace, aperta alle innovazioni e capace
di mettere in campo una serie di iniziative articolate, attività promozionali
con il coinvolgimento della comunità come gli orti sociali, le produzioni di vino
e olio tra i terreni della valle. Tutto ciò dimostrano come una gestione più
moderna, dinamica e aperta anche ai cittadini sia vincente. Non dimentichiamo
che l’assessorato siciliano si chiama ancora alla “Identità siciliana” e non
può dimenticare i suoi abitanti>. Il caso di Agrigento è emblematico poiché
qui esiste l’unico Parco archeologico autonomo della Sicilia. La Regione ha
infatti previsto questo tipo di gestione dei siti archeologici, voluta dalla
legge del 2000, ma non ha mai proseguito con l’attivazione degli enti ferma
negli uffici e in mano alla consueta burocrazia.
Ma
il caso Agrigento è emblematico anche per la vicinanza del Museo archeologico
che resta tra i meno affollati dell’Isola. <Un luogo ricco di meraviglia ma
sconosciuto persino ai cittadini di Agrigento – commenta Giuliano Volpe – e
così accade nel resto dell’Isola. Mi torna in mente quanto ci ha detto Papa
Francesco durante un’udienza parlando delle chiese che debbono essere case
aperte e non trasformarsi in museo. Ecco, i musei sono visti come una entità
chiusa, ostile: questo deve farci riflettere. Abbiamo musei con collezioni
straordinarie che poi diventano luoghi chiusi e allora occorre ripartire da
questi errori e puntare a comunicazioni moderne e nuove azioni. I musei
siciliani sono vecchi, inconcepibili. E ammodernarli non vuol dire svilire le
loro collezioni ma, al contrario, dar loro un’altra vita attraverso il web, i
social network, gli eventi con il territorio, gli scambi. E’ assurdo che
Siracusa o Agrigento abbiamo numeri così alti di presenze e di queste
pochissimi turisti sentano il bisogno di visitare i loro musei. E tragicamente
rampante il messaggio dei numeri: è molto più di un campanello d’allarme per la
Sicilia. Bisogna ripensare completamente il concetto di museo e di gestione, e
non è riempendolo di custodi che si risolveranno le cose. Ci vogliono persone
competenti, studiosi certo ma anche manager. I musei debbono avere autonomia
vera con direzioni e staff di persone di provata competenza scientifico-culturale
ma anche manageriale e non scelti dalla politica, servono bandi e procedure
trasparenti che rispettino il merito e le professioni. Servono comitati
scientifici e consigli d’amministrazione come si sta facendo per i musei
italiani. Che senso ha, poi, avere un’amministrazione autonoma per la Valle dei
Templi slegata dal Museo di Agrigento? Non è detto che debbano essere gestite insieme
ma queste strutture debbono lavorare insieme: io colgo invece tra le
Soprintendenze, i musei, le aree archeologiche siciliane una sorta di muro
trasparente ma invalicabile>.
Necessaria,
dunque, la corretta formazione. <Si lavori di più con le università e si
dialoghi tra i musei per una collaborazione sistematica – dice il presidente
del Consiglio nazionale dei Beni culturali -. Avevo lanciato al governo
siciliano la proposta di sperimentare qui i Policlinici dei beni culturali con
gli enti accademici, di ricerca, le associazioni. Ma non ho avuto alcuna
risposta>. E al silenzio del governo Crocetta si aggiunge il nuovo valzer
degli assessori che complica la gestione anche del patrimonio culturale
connotato da una lista delle priorità tra cui, appunto, la nascita dei Parchi
archeologici autonomi e la riduzione delle unità operative e delle direzioni
museali delle Soprintendenze per una gestione più snella.
(articolo pubblicato su La Sicilia)