Fu «I
pagliacci» di Leoncavallo l’ultima opera rappresentata sul palcoscenico del
Teatro Massimo di via Roma.
Era il 1956, e l’edificio di Ortigia era il fulcro
della mondanità aretusea. Sceso quell’ultimo sipario, il Teatro ha ospitato per
qualche tempo, fino agli inizi degli anni 60, pranzi e feste di battesimi,
cresime e matrimoni dei siracusani, per poi cadere nell’oblio fino alla riapertura dei nostri giorni.
Il Teatro comunale di via Roma è un piccolo capolavoro di architettura e di bellezza sociale, perchè rappresenta il cuore della vita siracusana e la voglia di vita dei secoli scorsi. Visitarlo significa immergersi nel passato.
La storia
Le cronache
cittadine raccontano che nel 1700 i siracusani erano soliti organizzare
spettacoli teatrali nel salone del palazzo Comunale, in occasione delle
festività e dei festeggiamenti in onore di Santa Lucia. Fu poi nel 1740 che il
conte Cesare Gaetani, principe dell’Accademia degli Aretusei,ottenne in
concessione dal Senato il salone municipale per destinarlo a una
filodrammatica. Occorrerà attendere il 1872 per l’avvio dei lavori di
costruzione dell’edificio teatrale di via Roma, che furono affidati
all’ingegnere militare Antonio Breda il 24 febbraio di quell’anno. Per erigerlo
si abbatterono la chiesa e il monastero dell’Annunziata, insieme al palazzo del
principe della Cattolica. Costo iniziale dell’opera: 154 mila lire, e cinque
anni di tempo per realizzarla.
Dopo lunghe
polemiche, tra cui un acceso dibattito a mezzo stampa sulla cattiva costruzione
delle opere del Teatro, la prosecuzione dei lavori venne affidata
all’architetto Giuseppe Damiani D’Almeyda che aveva firmato la costruzione del
Politeama di Palermo.
Sobrio ed
elegante, di rigida ispirazione neoclassica (l’ingegnere Damiani D’Almeyda
disse che «la bellezza non consiste nel lusso dei fregi»), il Teatro Massimo fu
inaugurato nella primavera del 1897 con la «Gioconda» di Ponchielli e il
«Faust» di Gounod. La sua breve vita durò 59 anni e, nei fatti, la sua
costruzione non venne mai ultimata.
Ai giorni nostri, dopo lunghe vicende e restauri, la riapertura del monumento.