giovedì 28 luglio 2016

Salinas, il museo siciliano riapre le porte al pubblico



A Palermo riapre al pubblico la parte più rilevante del Museo Archeologico “Antonino Salinas “, il più antico museo della Sicilia.
La nuova esposizione si snoda attorno ai due chiostri dove sono allestite alcune delle opere più celebri quali le sculture architettoniche selinuntine, i sarcofagi fenici della Cannita, la statua colossale di Zeus da Solunto, alcuni straordinari vasi figurati dalla necropoli di Agrigento, le splendide oreficerie dalla necropoli di Tindari e la collezione del console inglese Robert Fagan che comprende anche un frammento del fregio orientale del Partenone.
L’ allestimento, che riflette i risultati emersi dalla più aggiornata ricerca scientifica, è stato messo a punto grazie all’apporto di un comitato scientifico composto da studiosi di diverse Istituzioni italiane e straniere, al contributo di tanti specialisti e al fondamentale lavoro del personale tecnico e scientifico del Museo stesso, del Dipartimento dei Beni Culturali e del Centro Regionale per il Restauro e la Progettazione.
Con l’apertura del Museo Salinas - sottolinea l’Assessore Carlo Vermiglio - viene restituita ai cittadini di Palermo e alla comunità internazionale un’istituzione culturale che ha accompagnato e interpretato la storia del nostro Paese per più di due secoli. Un museo che attraverso i suoi tesori racconta contesti storici e percorsi culturali di epoche passate, ma ancora ben presenti nella cultura del nostro tempo che dalla storia può attingere valori e strumenti di pensiero e riflessione.
Dopo il Villino Favaloro, il Villino Florio, Castello a mare e il Museo “P.Marconi” di Himera, solo per quanto concerne Palermo e la sua provincia, con la riapertura del Salinas questa Amministrazione vuole esprimere  un indirizzo  che fa della  cultura l’asset  per lo  sviluppo anche economico e sociale dell’intera Regione.
Abbiamo già individuato nel Patto per il Sud- Sicilia la linea di finanziamento per l’allestimento della restante parte dell’esposizione che è già delineata e progettata nei dettagli, così da restituire alla comunità, integralmente, la sua più antica istituzione museale e culturale”.
“Oggi il Salinas – continua il Dirigente generale Gaetano Pennino- è parte di un polo che con altre istituzioni culturali, quali i parchi archeologici di Himera, Monte Iato e Solunto costituisce un sistema integrato che accoglierà i visitatori con un’offerta culturale sul territorio sempre più varia ed articolata, ma che potrà essere per  le comunità residenti un’opportunità  per la crescita umana e per la creazione di nuove attività imprenditoriali.
“Ultimati gli imponenti lavori di restauro che hanno interessato l’intero complesso monumentale della seicentesca Casa dei Padri Filippini all’Olivella – sottolinea il direttore Francesca Spatafora- si è deciso di condividere con la comunità un primo importante traguardo, l’apertura della parte più rilevante della nuova esposizione che comprende oltre 2000 tra opere e reperti.
Accanto alle più note collezioni storiche, la maggior parte delle quali integralmente restaurate, circa il 30% dei reperti sono per la prima volta inseriti nel percorso espositivo permanente, tra i quali le decorazioni architettoniche dei templi agrigentini che conservano l’originaria policromia.
Anche durate la sua chiusura questa istituzione ha mostrato di volere essere un luogo vivo e partecipato che, attraverso le nuove forme di comunicazione, ha attratto un pubblico numeroso e diversificato stabilendo un dialogo dinamico con la città e il suo territorio .  Oggi più che mai proseguiremo su questa strada”.
Per incrementare il flusso dei visitatori durante il periodo estivo e fino alla fine di ottobre, si è ritenuto opportuno offrire a tutti la possibilità di visitare gratuitamente il ‘nuovo Salinas’.




Il nuovo percorso espositivo

La nuova esposizione si sviluppa attorno ai due splendidi chiostri e  comprende anche le celle della corsia settentrionale del Chiostro Maggiore, oggi recuperate come nuovi spazi espositivi. Al loro interno e lungo il portico trovano posto, oltre a importanti opere già note – quali il torso dello Stagnone, i famosi sarcofagi fenici della Cannita e la statua colossale di Zeus da Solunto accuratamente restaurata e restituita alla sua originaria configurazione – anche interi contesti, mai esposti prima, provenienti dagli scavi promossi nell’800 dalla Commissione di Antichità e Belle Arti.

In particolare si segnalano le splendide oreficerie dalla necropoli di Tindari, città da cui provengono anche alcune importanti sculture di età romana, diverse epigrafi e una originale meridiana di marmo; il complesso di vasi, epigrafi e sculture da Centuripe, i materiali dalla necropoli di Randazzo, alcuni straordinari vasi figurati dalla necropoli di Agrigento e sculture architettoniche  e materiali votivi dai santuari agrigentini, oltre alla collezione del console inglese Robert Fagan che comprende anche un frammento del fregio orientale del Partenone.

Sul lato occidentale del Chiostro Maggiore, una saletta racconta la storia della scrittura attraverso i reperti del Museo, tra cui la famosa Pietra di Palermo con la cronaca di circa 700 anni di vita egiziana e gli annali delle prime cinque dinastie (3100-2300 a.C.), un pezzo straordinario donato al Museo Nazionale di Palermo nel 1877 dall’Avvocato Ferdinando Gaudiano. Nella stessa sala trovano posto, per la prima volta esposti insieme, tre degli otto decreti entellini (più un falso) iscritti su tavolette di bronzo, sfuggiti alla dispersione nel mercato antiquario clandestino internazionale. 

E’ dedicata a Selinunte l’intera ala orientale dell’edificio con le sue otto sale che ruotano intorno al Terzo cortile, di cui si sta completando la copertura a vetri e che ospiterà un nuovo spazio polivalente ed espositivo dove troveranno posto il complesso delle gronde leonine del tempio della Vittoria di Himera e la grande maschera gorgonica del tempio C di Selinunte.

Una sala, in cui è collocato un plastico della grande colonia greca affacciata sul Mediterraneo, introduce alla storia e alla vita della città.  
Il percorso, quindi, si snoda focalizzando i temi più rilevanti e restituendo per la prima volta l’idea della grandiosità e della complessità della più occidentale delle città greche di Sicilia:  i culti, l’architettura, la scultura, l’ideologia funeraria per concludersi con la vita della città dopo la distruzione del 409 a.C. da parte dei Cartaginesi guidati da Annibale. Moltissimi sono, in questo settore i reperti esposti per la prima volta.
Si tratta, in particolare, di alcuni materiali votivi dal Santuario di Demetra Malophoros - tra cui una selezione delle deposizioni scavate negli anni sessanta nel campo di stele dedicato a Zeus Meilichios, oltre alle numerose offerte di oggetti metallici quali armi, ami da pesca o attrezzi agricoli in ferro -   di numerosi e preziosi corredi rinvenuti tra l’ottocento e il novecento nelle diverse necropoli della città, delle terrecotte architettoniche policrome che decoravano i più antichi templi selinuntini, delle membrature appartenute allo straordinario tetto marmoreo del tempio A sull’acropoli, dei capitelli che ornavano i più importanti monumenti funerari e delle iscrizioni rinvenute negli stessi contesti cimiteriali.  
Fulcro dell’esposizione rimane il grande refettorio dei Padri Filippini che ospita da oltre centocinquanta anni le famose metope dei Templi selinuntini, definito il più importante complesso scultoreo dell’arte greca d'Occidente,  adesso arricchito dalla contestuale esposizione di nuovi frammenti e di una consistente selezione di terrecotte architettoniche che conservano ancora la originaria,  vivace policromia.


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