Un
luogo sospeso nel passato di cui rievoca le radici più identitarie di un
popolo. Un viaggio che parte nel cuore dei monti Iblei, in una cittadina
intarsiata di Liberty: Canicattini Bagni. Qui si trova il Museo del Tempo; un
nome che è in realtà un suggestivo acronimo perché indica il Museo del Tessuto,
dell’Emigrante e della Medicina popolare. Un percorso espositivo che si snoda
nei locali di via De Pretis dove sale e luoghi rievocano le tradizioni della
Sicilia.
Il
Museo del Tempo nasce grazie alla passione per il passato e alla difesa per gli
usi e i costumi popolari profusi da un gruppo di studiosi locali: Tanino
Golino, Paolino Uccello, Carmelo Santoro e Cettina Uccello. Sono stati loro
che, mossi dalla volontà di salvaguardare un tesoro fatto di tradizioni, hanno
ripreso dapprima le usanze tipiche del territorio canicattinese legate alla
lavorazione della canapa e del lino e hanno voluto far rivivere così uno
spaccato della vita di un tempo. Il risultato è stato un viaggio a ritroso nei
secoli fatto di un’eredità che risale al Medioevo e giunge sino agli inizi degli
anni Venti.
In
mostra c’è la vita del passato a partire da quella degli emigranti raccontata
attraverso le lettere, le cartoline e le fotografie inviate da chi aveva
lasciato Canicattini per trovare fortuna in America. Tra le vetrine c’è quella
corrispondenza d’amorosi sensi che rievoca un momento storico impresso nella
memoria delle generazioni passate e tramandato a quelle moderne. Sono così
esposte le valigie di cartone e i biglietti del viaggio oltreoceano, ma anche i
primo oggetti portati da chi tornava dall’America al suo paese stupendo i
parenti con i primi rasoi elettrici o le carte da gioco made in Usa. Il secondo
percorso espositivo è poi quello del Tessuto e dunque legato al gineceo che
caratterizzava le famiglie del secolo scorso dove la figura della donna era il
simbolo della casa. Suggestive le stoffe e i ricami che narrano i momenti più
intimi della vita femminile dell’epoca: dal corredo nuziale a quello dei
bambini. E poi il telaio e i capolavori che l’estro e l’abilità delle donne
riuscivano a creare. <Il corredo della sposa – dice l’etnoantropologo
Paolino Uccello – è legato al momento fondamentale della vita della donna. Più
i bauli erano ricchi di ricami, più la sposa aveva lustro. Per questo non si
badava a spese per realizzarlo e veniva messo in mostra nella casa della
promessa sposa, per farlo ammirare dai parenti e dare sfoggio di ricchezza>.
Lo storico Pitrè scriveva come fosse usanza comune in Sicilia la cosiddetta “faccenda
del pettine".
"La madre del futuro sposo – racconta Uccello - con un pretesto
si recava nella casa della sposa promessa per chiedere un pettine da telaio.
Questo contatto fra futura suocera e nuora era molto importante, perché tutto
il matrimonio dipendeva dal riscontro positivo o negativo che la suocera ne
ricavava. Se la ragazza al momento dell’incontro oziava, allora veniva definita
pigra, “lagnosa”; se la futura suocera l’avesse trovata intenta a mangiare,
ancora peggio: avrebbe mandato la casa in rovina. Se invece la futura moglie
fosse stata trovata intenta a tessere al telaio, allora, questo sarebbe stato
il simbolo di un lieto inizio e di un buon matrimonio, ricco di figli>.
Questo significativo momento legato alla tradizione più antica della Sicilia
vede protagonisti sia il telaio che il fuso, strumenti non solo di lavoro, ma
anche del destino che, nelle credenze popolari, doveva essere in tutti i modi
indirizzato ed esorcizzato.
Le
ultime sale del Museo del Tempo sono quelle più magiche perché raccontano le
usanze di filtri e medicamenti dalle radici antichissime. In mostra ci sono
piante medicinali e altre usate nella vita quotidiana come, per esempio, quelle
con le quali di tinteggiavano i tessuti rievocando le tecniche dell’antico
Egitto. E ancora filtri d’amore, contro il malocchio e le altre credenze
dell’epoca. Sugli scaffali, tra alambicchi e recipienti di vetro, anche la
mistura per far innamorare un uomo mescolando qualche pelo della barba di un
monaco al sangue più intimo della donna, oltre a varie radici e piante
essiccate condite da nenie e preghiere.
Isabella Di Bartolo
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