A Palermo riapre al pubblico la parte
più rilevante del Museo Archeologico “Antonino Salinas “, il più antico museo
della Sicilia.
La nuova esposizione si snoda attorno ai
due chiostri dove sono allestite alcune delle opere più celebri quali le
sculture architettoniche selinuntine, i sarcofagi fenici della Cannita, la
statua colossale di Zeus da Solunto, alcuni straordinari vasi figurati dalla
necropoli di Agrigento, le splendide oreficerie dalla necropoli di Tindari e la
collezione del console inglese Robert Fagan che comprende anche un frammento
del fregio orientale del Partenone.
L’ allestimento, che riflette i
risultati emersi dalla più aggiornata ricerca scientifica, è stato messo a
punto grazie all’apporto di un comitato scientifico composto da studiosi di diverse
Istituzioni italiane e straniere, al contributo di tanti specialisti e al
fondamentale lavoro del personale tecnico e scientifico del Museo stesso, del
Dipartimento dei Beni Culturali e del Centro Regionale per il Restauro e la
Progettazione.
“Con l’apertura del Museo Salinas -
sottolinea l’Assessore Carlo Vermiglio - viene restituita ai cittadini di
Palermo e alla comunità internazionale un’istituzione culturale che ha
accompagnato e interpretato la storia del nostro Paese per più di due secoli.
Un museo che attraverso i suoi tesori racconta contesti storici e percorsi
culturali di epoche passate, ma ancora ben presenti nella cultura del nostro
tempo che dalla storia può attingere valori e strumenti di pensiero e
riflessione.
Dopo
il Villino Favaloro, il Villino Florio, Castello a mare e il Museo “P.Marconi”
di Himera, solo per quanto concerne Palermo e la sua provincia, con la
riapertura del Salinas questa Amministrazione vuole esprimere un indirizzo che fa della cultura l’asset per lo
sviluppo anche economico e sociale dell’intera Regione.
Abbiamo
già individuato nel Patto per il Sud- Sicilia la linea di finanziamento per l’allestimento
della restante parte dell’esposizione che è già delineata e progettata nei
dettagli, così da restituire alla comunità, integralmente, la sua più antica istituzione
museale e culturale”.
“Oggi
il Salinas – continua il Dirigente generale Gaetano Pennino- è parte di un polo
che con altre istituzioni culturali, quali i parchi archeologici di Himera, Monte
Iato e Solunto costituisce un sistema integrato che accoglierà i visitatori con
un’offerta culturale sul territorio sempre più varia ed articolata, ma che potrà
essere per le comunità residenti un’opportunità per la crescita umana e per la creazione di
nuove attività imprenditoriali.
“Ultimati gli imponenti lavori di
restauro che hanno interessato l’intero complesso monumentale della seicentesca
Casa dei Padri Filippini all’Olivella – sottolinea il direttore Francesca
Spatafora- si è deciso di condividere con la comunità un primo importante
traguardo, l’apertura della parte più rilevante della nuova esposizione che
comprende oltre 2000 tra opere e reperti.
Accanto alle più note collezioni
storiche, la maggior parte delle quali integralmente restaurate, circa il 30%
dei reperti sono per la prima volta inseriti nel percorso espositivo
permanente, tra i quali le decorazioni architettoniche dei templi agrigentini
che conservano l’originaria policromia.
Anche
durate la sua chiusura questa istituzione ha mostrato di volere essere un luogo
vivo e partecipato che, attraverso le nuove forme di comunicazione, ha attratto
un pubblico numeroso e diversificato stabilendo un dialogo dinamico con la
città e il suo territorio . Oggi più che
mai proseguiremo su questa strada”.
Per
incrementare il flusso dei visitatori durante il periodo estivo e fino alla
fine di ottobre, si è ritenuto opportuno offrire a tutti la possibilità di
visitare gratuitamente il ‘nuovo Salinas’.
Il nuovo percorso espositivo
La nuova esposizione si sviluppa attorno
ai due splendidi chiostri e comprende
anche le celle della corsia settentrionale del Chiostro Maggiore, oggi recuperate
come nuovi spazi espositivi. Al loro interno e lungo il portico trovano posto,
oltre a importanti opere già note – quali il torso dello Stagnone, i famosi
sarcofagi fenici della Cannita e la statua colossale di Zeus da Solunto accuratamente
restaurata e restituita alla sua originaria configurazione – anche interi contesti,
mai esposti prima, provenienti dagli scavi promossi nell’800 dalla Commissione
di Antichità e Belle Arti.
In particolare si segnalano le splendide
oreficerie dalla necropoli di Tindari, città da cui provengono anche alcune
importanti sculture di età romana, diverse epigrafi e una originale meridiana
di marmo; il complesso di vasi, epigrafi e sculture da Centuripe, i materiali
dalla necropoli di Randazzo, alcuni straordinari vasi figurati dalla necropoli
di Agrigento e sculture architettoniche e materiali votivi dai santuari agrigentini,
oltre alla collezione del console inglese Robert Fagan che comprende anche un
frammento del fregio orientale del Partenone.
Sul lato occidentale del Chiostro
Maggiore, una saletta racconta la storia della scrittura attraverso i reperti
del Museo, tra cui la famosa Pietra di Palermo con la cronaca di circa 700 anni
di vita egiziana e gli annali delle prime cinque dinastie (3100-2300 a.C.), un
pezzo straordinario donato al Museo Nazionale di Palermo nel 1877 dall’Avvocato
Ferdinando Gaudiano. Nella stessa sala trovano posto, per la prima volta
esposti insieme, tre degli otto decreti entellini (più un falso) iscritti su
tavolette di bronzo, sfuggiti alla dispersione nel mercato antiquario
clandestino internazionale.
E’ dedicata a Selinunte l’intera ala
orientale dell’edificio con le sue otto sale che ruotano intorno al Terzo
cortile, di cui si sta completando la copertura a vetri e che ospiterà un nuovo
spazio polivalente ed espositivo dove troveranno posto il complesso delle
gronde leonine del tempio della Vittoria di Himera e la grande maschera
gorgonica del tempio C di Selinunte.
Una sala, in cui è collocato un plastico
della grande colonia greca affacciata sul Mediterraneo, introduce alla storia e
alla vita della città.
Il percorso, quindi, si snoda focalizzando
i temi più rilevanti e restituendo per la prima volta l’idea della grandiosità
e della complessità della più occidentale delle città greche di Sicilia: i culti, l’architettura, la scultura,
l’ideologia funeraria per concludersi con la vita della città dopo la
distruzione del 409 a.C. da parte dei Cartaginesi guidati da Annibale.
Moltissimi sono, in questo settore i reperti esposti per la prima volta.
Si tratta, in particolare, di alcuni
materiali votivi dal Santuario di Demetra Malophoros - tra cui una selezione
delle deposizioni scavate negli anni sessanta nel campo di stele dedicato a
Zeus Meilichios, oltre alle numerose offerte di oggetti metallici quali armi,
ami da pesca o attrezzi agricoli in ferro -
di numerosi e preziosi corredi
rinvenuti tra l’ottocento e il novecento nelle diverse necropoli della città,
delle terrecotte architettoniche policrome che decoravano i più antichi templi
selinuntini, delle membrature appartenute allo straordinario tetto marmoreo del
tempio A sull’acropoli, dei capitelli che ornavano i più importanti monumenti
funerari e delle iscrizioni rinvenute negli stessi contesti cimiteriali.
Fulcro dell’esposizione rimane il grande
refettorio dei Padri Filippini che ospita da oltre centocinquanta anni le
famose metope dei Templi selinuntini, definito il più importante complesso scultoreo
dell’arte greca d'Occidente, adesso
arricchito dalla contestuale esposizione di nuovi frammenti e di una
consistente selezione di terrecotte architettoniche che conservano ancora la
originaria, vivace policromia.