Fino alla fine di settembre, l’aula d’ingresso occidentale (versura) del Teatro Antico di Taormina, ospita un’opera dello scultore Giacomo Rizzo inclusa nella mostra diffusa “Memorie ctònie”. Si tratta della matrice in gesso di “Respiro” (2014), appartenente al ciclo produttivo definito dall’autore “Inner Sculpture” (scultura interiore): sintesi materica tra la superficie di un luogo naturale - una roccia, un terreno, un albero su cui l’artista imprime uno “strappo” con la sua personale tecnica scultorea - e l’interiorità di quel luogo, con la sua storia e la sua identità stratificatesi nel tempo e divenute memoria condivisa tra abitanti e territorio. Nella versione in resina, l’opera al teatro di Taormina fa parte della collezione permanente del “Polo Museale Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Palazzo Riso” di Palermo e ripercorre gli strati materici della vetta più alta di Monte Pellegrino, la montagna sacra del capoluogo siciliano.
Leggère come origami, simili a fogli di carta stropicciati che frantumano il piano in mille superfici scolpite dalla luce, le opere del ciclo “Inner Sculpture” di Rizzo si esprimono con una tecnica innovativa, lirica e sapiente al tempo stesso. Spiega la curatrice Alba Romano Pace: “Lo strappo di Rizzo porta con sé i segni del caso, del gesto, del tempo, come un’epidermide diventa la matrice dell’opera. Giacomo Rizzo apre una nuova prospettiva dell’arte: quella del dare fisicità alla memoria, alla psiche, all’invisibile, alla poesia”. L’autore aggiunge: “Sono il risultato di un’intensa empatia con il paesaggio nel quale mi trovo a lavorare. La mia arte mi porta in luoghi simbolici, impregnati di storie o leggende che, attraverso l’organicità della materia, attraggono la mia attenzione. La mia volontà è quella di costruire una mappa emozionale che sia una geografia della mente e del cuore”.
Con l’opera “Respiro” nel Teatro Antico di Taormina – sito del Parco Archeologico Naxos Taormina, diretto da Gabriella Tigano - Rizzo crea un dialogo tra archeologia e arte contemporanea. Sindone della montagna “icona” di Palermo, l'opera si integra perfettamente nel paesaggio delle rovine classiche e ricorda allo spettatore l'eternità dell'arte e la circolarità della creazione umana immersa nella natura. Valeria Li Vigni, direttrice del Museo Riso e ideatrice della mostra, dichiara: “ ‘Memorie ctònie’ lega il lavoro del maestro Giacomo Rizzo alla ricerca di una natura intatta in contrapposizione a quella sempre più degradata che è sotto i nostri occhi. Il suo lavoro di strappo dalle cime più impervie o dalle grotte più nascoste sottopone al nostro sguardo una dialettica dinamica tra archeologia e contemporaneo. Una testimonianza di quanto abbiamo perduto e quanto ancora possiamo tutelare per la salvaguardia del nostro ambiente”.
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