Architettura
settecentesca e archeologia greca e romana nel cuore di Palazzolo Acreide. La
dimora del barone Gabriele Judica era una delle tappe più ambite dai
viaggiatori del Grand tour in Sicilia. La magnificenza dei vasi policromi,
delle statue, dei bronzi, dei corredi funerari, degli oggetti preziosi e delle
monete antiche esposte nel palazzo-museo del nobile che, nel 1809, aveva
riportato in luce l’antica Akrai, era ormai nota in tutta Europa ed è oggi di
nuovo in mostra nel museo di via Italia.
Nel 1820 Judica divenne Regio custode
delle Antichità nella Sicilia orientale ma la sua passione l’archeologia fu
così intensa da lasciarlo povero in canne costringendolo a vendere tutti i suoi
grandiosi averi per continuare a scavare nel sito della colonia fondata dalla
Siracusa greca dove rinvenne anche il Teatro greco che ospita oggi spettacoli
classici.
Le cronache del tempo raccontano che nel 1833, il barone Gonsalve De
Nervo - come racconta Sergio Cilea, studioso e responsabile del Fai aretuseo - giunse dalla Francia per incontrare il barone-archeologo considerato tra
gli uomini più colti e ricchi di Sicilia e rimase sorpreso, come scrisse nelle
sue memorie di viaggio, trovandosi dinanzi a un palazzo in abbandono e a un
uomo con abiti rattoppati che tentava di vendergli alcuni tra meravigliosi reperti
della sua collezione.
Nel
1829 la collezione Judica contava 2.847 reperti che furono dispersi dagli eredi
fino a quando nei primi anni del Novecento la Soprintendenza riuscì ad
acquistarne vari lotti che, da un anno, sono in mostra tra le sale del Museo archeologico
regionale allestito a palazzo Cappellani. Un luogo sospeso nel tempo dove sono
esposti reperti dall’età preistorica a quella bizantina, pezzi della memoria
più antica di Akrai, Kasmene e Leontinoi che il barone raccolse durante la sua
vita di mecenate appassionato. Al primo piano si snodano le sale dedicate alla
preistoria con monili e spille usati per adornare le vesti delle donne, asce da
guerra e utensili ta tavola. Al centro del cortile una famosa iscrizione in
greco in cui sono indicati i posti del mercato dell’antichità ma che svela il
paesaggio e la toponomastica di Akrai menzionando monumenti, strade e alcuni
villaggi dell’epoca. Oggetti provenienti da tombe e perfettamente intatti, e
poi vasi greci tra cui alcuni di eccelsa fattura e altri provenienti da Corinto
e Atene: una collezione unica di contenitori per vino, derrate alimentari,
unguenti e profumi. In mostra statuette ed ex voto di santuari antichi e poi
fibbie e lucerne di età bizantina. Ma soprattutto gli echi di una vita dedita
all’archeologia che ha restituito tracce del passato più fulgido dell’età delle
polis greche d’Occidente. Il museo è oggi visitabile gratis, da martedì a
sabato (dalle 9 alle 19) in attesa di essere inserito in un tour che comprenda
il Teatro greco, il Bouloterion e l’area dei Santoni dell’antica Palazzolo che
Judica riscoprì.
Isabella
di bartolo