martedì 5 gennaio 2021
Lazzarini, la grande archeologia di Siracusa
Fernando Lazzarini conosceva ogni angolo, ogni sito, ogni reperto. A migliaia, d'altronde, li aveva disegnati lui con una perizia che lasciava senza fiato. La prima volta che lo conobbi fu in via Ierone dove stavano posizionando tubature varie, per i soliti lavori pubblici, e lì mi disse: "le faccio vedere qualche concio". Fu lui a regalarmi la bellezza di scoprire ciò che avevo sotto gli occhi, a mostrarmi che quelle meraviglie archeologiche sui libri erano lì, tra i muri delle case popolari a due passi dall'ospedale di Siracusa. Lui le amava, amava ogni cosa di quell'archeologia che poi finiva sui libri.
La sua morte è un segno tangibile di un'epoca che sta finendo ed è legata allo studio manuale, artigianale per così dire. Uno studio che non poteva esistere senza quella grande esperienza sul campo che in una terra ancora tutta da scoprire fu il più grande dono dell'archeologia.
Oggi in molti lo ricordano a partire da alcuni suoi colleghi di quella che fu la Soprintendenza di Orsi, che fu di Bernabò Brea, che fu di Voza, con il suo fasto e la sua autorevolezza indiscussa. Ecco, forse Lazzarini era il simbolo di quell'autorevolezza che appartiene solo a pochi di cui oggi ho l'onore di ascoltare storie, riflessioni, analisi e che rapprensentano una cultura archeologica in via d'estinzione.
Il mio amico Carlo Castello, che è una delle mie fonti indiscusse e che conoscere il sistema gestionale di musei e parchi archeologici certamente meglio di un ministro tecnico, lo aveva appassionato con un'ultima idea: un plastico della Siracusa greca. Avrebbero dovuto lavorarci e sarebbe stato davvero un progetto da ricordare. Avrebbero anche organizzato visite al Teatro greco, nella parte nord, coinvolgendo certo Giuseppe Voza per regalare ancora meraviglie. Un'occasione perduta come perduta è spesso la memoria di chi ha speso la vita per il patrimonio archeologico.
In molti lo ricordano, con affetto vero, con stima vera, e in molti come me si pentono di non aver chiesto ancora storie, ancora disegni da condividere sulle pagine di un giornale perchè si continui a insegnare l'amore per la storia.
Amalia Curcio ricorda una campagna di scavi a Prinias, nel 1970: da solo, Lazzarini aveva fatto ri rilievi di tutti e tre i cantieri di scavo, con i particolari delle tholoi e di alcuni materiali. Il prof. Levi, allora direttore della scuola archeologica italiana di Atene, venne in visita in missione e rimase "sconvolto" della precisione e bellezza dei rilievi. Ritornò poi con calma per esaminarli e propose allora a Fernando Lazzarini di restare, di lavorare alla scuola. Lui, come solito, si schernì e poi declinò l'invito. La sua vita era la Soprintendenza.
E allora, per chi ha sognato sfogliando le immagini di un'Arias sulle scrivanie di un istituto in via Sangiuliano, quella Soprintendenza, quella Siracusa da scoprire, quel museo e quella bellezza che dorme e fa capolino sotto terra, è anche Fernando Lazzarini.
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