venerdì 20 aprile 2018

Il tempo di Artemide nascosto sotto piazza Duomo


Proust scriveva che il vero viaggio di scoperta fosse guardare le cose con occhi nuovi. Accade tutti i giorni osservando, con occhi nuovi appunto, ciò che ci circonda. Ma se questo è addirittura una meraviglia storica, allora il viaggio diviene magia. Accade a piazza Minerva, a due passi dal Duomo, dove basta attraversare una porta incastonata in un muro di eco antica per immergersi in un’altra epoca. In un altro millennio. E scoprire, a pochi metri sotto la piazza calpestata - ogni giorno, tutti i giorni - i resti di un maestoso Tempio che i siracusani greci decisero di innalzare per rendere omaggio alla dea della caccia: Artemide.

Da qui il nome Artemision. Un tempio di ordine Ionico come svelano i capitelli delle imponenti colonne, che per la prima volta è possibile ammirare grazie a visite sotto la guida di esperti ciceroni che accompagnano turisti e non solo alla scoperta di un luogo sospeso nel tempo. Un luogo che descrive non solo una porzione di storia sconosciuta della città e della Sicilia tutta, ma che restituisce un pezzo d’'identità millenaria al popolo moderno. Tutto ebbe inizio un secolo fa quando Paolo Orsi, archeologo innamorato di Siracusa, si accorse che i sotterranei del seicentesco Palazzo Vermexio nascondessero resti antichi. E, per l’'esattezza, le fondazioni di un Tempio Ionico datato al VI secolo avanti Cristo. 
Un Tempio greco che troneggiava sull'’agorà che è oggi piazza Duomo e Minerva e che sorgeva parallelo al Tempio di Athena, oggi inglobato nella Cattedrale.


Basta guardare, con occhi nuovi. Fermarsi in un punto qualsiasi di piazza Minerva e scorgere le colonne doriche nel muro laterale della Cattedrale e poi voltarsi, di fronte. Si scorgerà una fessura esattamente in corrispondenza della colonna che la Cattedrale custodisce. E quella fessura fa parte della struttura pluripremiata che è stata realizzata dall’'architetto Vincenzo Latina, sotto la supervisione del soprintendente emerito di Siracusa, Giuseppe Voza. Una struttura definita a “padiglione” da cui si accede, tramite una scala, al tesoro più nascosto della città. Nelle viscere di Ortigia.
Ammirare questo sito archeologico significa percepire il connubio tra passato e modernità. 


Visitare questi luoghi è un privilegio per quanti vivono ogni giorno la bellezza di un territorio ricco d’'arte e storia, e poter scoprire un altro gioiello che ha reso Siracusa la più grande delle città d’'Occidente tanto da essere decantata da Cicerone e ammirata dai più grandi scrittori e pittori.
Guardare con occhi nuovi la quotidianità offre la sorprendente meraviglia di poter arricchire la conoscenza della propria città e rendersi conto, davvero, delle ragioni per cui la commissione Unesco ha deciso di iscrivere Siracusa nella lista dei beni considerati un patrimonio di tutta l’'umanità. 
E allora basta chiudere gli occhi per ritrovarsi nella città greca, sull’'acropoli che un tempo era questo scorcio di Ortigia. E passeggiare tra le rovine che un tempo furono un edificio templare immenso dove i sacerdoti innalzavano inni agli dei dell’'Olimpo e dove di siracusani festeggiavano e pregavano.

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